Giustizia

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Il Cavaliere Blu / Blog

La Giustizia dei giudici, in spregio alle donne

Pochi giorni prima della Festa della Donna, la Corte d’Appello di Bologna ha deciso di ridurre a soli 16 anni la pena per l’autore dell’efferato omicidio della propria compagna.

I fatti risalgono al 2016 quando Michele Castaldo, strangola a mani nude Olga Matei, perché lei voleva lasciarlo. Il reato viene confessato dall’uomo che viene condannato in primo grado a 30 anni di carcere (grazie anche al beneficio del rito abbreviato).

L’omicida fa ricorso e l’appello gli riserva un insperato e considerevole sconto di pena: da 30, la pena scende a 16 anni. Nelle motivazioni, i giudici scrivono che si può considerare come attenuante lo status di “tempesta emotiva” in cui si trovava l’uomo al momento di agire.

Se si considera che di questi 13 anni, ne sono già stati scontati quasi 3, significa che tra circa 5 anni, colui che ha strangolato a mani nude una donna colpevole solo di voler chiudere una relazione sentimentale, potrà cominciare ad usufruire dei primi permessi di uscita.

Non occorre alcuna conoscenza giuridica per capire che una tale pena non è proporzionata al fatto commesso.

Si potrebbe correttamente obiettare che sia superficiale giudicare una sentenza dall’esterno, senza aver seguito le varie udienze dibattimentali e aver esaminato le prove e gli elementi che hanno portato alla sentenza, ma in questo caso non si può fare a meno di notare l’enorme discrepanza tra i 30 anni del primo grado e 16 anni del secondo.

Si tratta di uno sconto di quasi il 50%, per un processo che privo di complicazioni probatorie, ma solo inerente la valutazione dell’elemento psicologico dell’autore.

Lasciando da parte l’aspetto legale, ma rimanendo sul piano della semplice logica, è necessariamente vera una delle due seguenti ipotesi:

  • hanno sbagliato completamente i giudici di primo grado
  • hanno sbagliato completamente  i giudici di appello

La spiegazione “tecnica” del Presidente della Corte d’Appello Giuseppe Colonna, sul fatto che sia stata ravvisata l’equivalenza tra l’aggravante (i motivi abbietti) e l’attenuante (la cosiddetta “generica”) riporta al consueto alibi dietro al quale si trincerano i giudici quando le loro sentenze vengono contestate: abbiamo applicato la legge…

Bene, si può quindi affermare che in primo grado non sia stata applicata la legge?

Olga Matei, uccisa a Riccione nel 2016 quando aveva 46 anni

Olga Matei, uccisa a Riccione nel 2016 quando aveva 46 anni

L’applicazione della legge è necessariamente a discrezione dei giudici, poiché ogni fatto è così diverso dall’altro, che è impossibile predeterminare le pene se non in modo elastico e lasciando al giudice la valutazione delle circostanze, questo è pacifico, ma è ovvio che se due sentenze sul medesimo episodio, senza alcun elemento probatorio innovativo, portano ad una così grande differenza di valutazione, fanno sorgere forti dubbi sulla capacità dei giudici che hanno le hanno elaborate.

L’indipendenza della magistratura è un principio cardine del nostro ordinamento, ma a tale potere deve corrispondere responsabilità e autorevolezza, e anche logica e buon senso, non solo conoscenza della giurisprudenza e dei tecnicismi relativi.

Nel caso dell’omicidio Matei, una delle due sentenze è sbagliata, questo è lampante a rigor di logica, e il fatto che esistano giudici in grado di commettere simili errori è preoccupante.

Un difetto che accomuna molti dei nostri magistrati è il legalismo. Il loro ruolo è per definizione super partes e nelle aule viene esposto l’adagio “la legge è uguale per tutti”, questo è giusto, e un buon giudice non può farsi condizionare dai sentimenti popolari, ragion per cui nel mondo civile non esistono più i processi di piazza e la giustizia sommaria, bensì una magistratura professionale. Allo stesso tempo pare che troppo spesso i giudici italiani dimentichino una cruciale funzione del loro ruolo, che è racchiusa nell’incipit di ogni sentenza che pronunciano: “in nome del Popolo italiano”: i tribunali emettono i loro giudizi in nome e per conto del popolo, dunque dovrebbero sempre tenere in considerazione i valori di giustizia condivisi dai cittadini.

Ridurre da 30 anni a 16 la pena per un assassino che ha strangolato la propria donna a mani nude è un forte esercizio di potere, che nel 2019 non dimostra alcuna sensibilità verso la percezione di giustizia del popolo nel nome del quale una sentenza viene pronunciata.

 

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olivia di Leighton Connor
Il Cavaliere Blu / Blog

Integrazione forzata per i bimbi dei ghetti in Danimarca

In Danimarca stanno per entrare in vigore nuove norme con lo scopo di favorire l’integrazione nella società nordica dei bambini nati nei ghetti delle città danesi, abitati per lo più da immigrati di fede islamica.

Il piano per l’eliminazione delle differenze sociali dei ghetti danesi è suddiviso in 22 proposte del Governo, alcune delle quali già approvate dal Parlamento. Tra queste l’obbligo per i genitori di fare stare fuori casa i bambini dall’età di 1 anno per almeno 25 ore alla settimana, di fatto mandandoli all’asilo nido pubblico dove verranno insegnate la lingua danese ma soprattutto la cultura e i valori del Paese.

Contravvenire tale obbligo impedirà alle famiglie di usufruire dell’efficiente welfare locale.

Una delle proposte prevede addirittura il carcere per i genitori che obbligheranno i bambini a lunghi periodi di soggiorno all’estero, se questi avranno lo scopo di rieducare i ragazzi alla cultura estera di provenienza, rovinando quindi l’educazione “danese” impartita  dallo Stato.

Queste leggi saranno applicate solo ai residente delle 25 aree definite “ghetto”, ovvero le aree urbane con i maggiori tassi di disoccupazione e povertà, dove prevalgono i cittadini di origina straniera, i quartieri che fossero in Francia verrebbero chiamati banlieues. Gli altri danesi potranno invece decidere liberamente se tenere in casa i figli fino all’età scolare.

La Sirenetta, uno de simboli di Copenaghen

La Sirenetta, uno dei simboli di Copenaghen

Posto che in Italia una simile legge sarebbe palesemente anticostituzionale, come minimo poiché discriminatoria contro chi abita in determinati quartieri, il dibattito su una simile proposta può fornire spunti interessanti.

Si tratta di una legge discriminatoria e culturalmente violenta?

Questa è ad esempio la tesi sostenuta da The Guardian (clicca qui per vedere l’articolo) oppure:

alla lunga aiuterà i cittadini di origine straniera a meglio integrarsi nel Paese?

Al di là dell’innegabile fatto che una simile riforma nasca sull’ondata anti straniera cui si assiste un po’ in tutta l’Europa, l’interrogativo che rimane aperto è il seguente:

una legge come questa può costituire una reazione concreta al fallimento dei modelli di integrazione passati? 

Sebbene più aperti e democratici, i modelli europei di integrazione si sono rivelati fallimentari,  pur ispirati in teoria dalla parità di trattamento hanno portato alla proliferazione dei ghetti stessi, allo scatenarsi di episodi di terrorismo e a una diffusa emarginazione anche delle seconde e terze generazione di immigrati.

Una discussione seria sul tema sarebbe d’obbligo anche in Italia, senza assolutamente copiare i danesi nel merito, ma quanto meno riuscendo ad entrare nell’ottica che l’immigrazione non è un’emergenza momentanea, ma un fenomeno perdurante nel tempo e quindi da trattare in prospettiva anche futura.

 

Il Cavaliere Blu

 

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gaspare mutolo
Mala Tempora / Italia / Blog

Vizi di forma, 21 mafiosi fuori. Scandalo giustizia in Sicilia

Escono dal carcere ben 21 dei 58 appartenenti alla Mafia arrestati su ordine della Dda di Palermo il 22 gennaio scorso. Il tribunale del Riesame ha annullato le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip vanificando in questo modo le difficili indagini avviate grazie al fatto che decine di vittime del racket abbiano confermato la richiesta di pizzo e un nuovo pentito abbia fatto i nomi di boss e gregari.

 

Il tribunale del Riesame ora ha 45 giorni per depositare con calma la motivazione dei provvedimenti. Prima di allora la Procura non potrà ricorrere in Cassazione.

 

Nel frattempo oltre 20 tra capimafia, taglieggiatori e gregari di Cosa nostra restano liberi, un segnale gravissimo per chi invece ha rischiato molto rilasciando le proprie dichiarazioni.

 

Del tutto paradossale il fatto che, mentre gli altri escano,  resti invece in carcere il pentito Giuseppe Quaranta, ex capomafia di Favara che dalla fine di gennaio ha cominciato a collaborare con i magistrati. L’indagato ha ammesso di avere rivestito un ruolo di vertice nel clan fino al 2013-2014, ha parlato di estorsioni e di traffico di stupefacenti e ha indicato i capimafia della provincia.

 

Tra gli scarcerati anche nomi ben noti della Cosa nostra agrigentina: come i boss Raffaele Fragapane, Antonino Vizzì, Giuseppe Vella, Luigi Pullara e Giuseppe Blando. Queste prime scarcerazioni potrebbero essere solo l’inizio, le udienze davanti al tribunale del Riesame continuano. E se, come si sospetta, alla base degli annullamenti c’è un vizio formale come il difetto di motivazione dell’ordinanza emessa dal gip, che non sarebbe sufficientemente argomentata, le porte del carcere potrebbero aprirsi per decine di altri detenuti.

Una grave dimostrazione di debolezza da parte dello Stato, con alcuni organi il cui compito pare non sia altro altro che vanificare il duro lavoro di altri.

 

Un vizio di forma non può essere alla base della scarcerazione di mafiosi. Se chi siede su certe poltrone non lo capisce, forse non merita il posto che occupa. Il ruolo di garanzia svolto dal Tribunale del Riesame, non può essere distorto a favore dei delinquenti.

 

Nessuna riforma della Giustizia può sortire effetti, finché chi applica le leggi lo fa con tale ottusità.

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dike
Il Cavaliere Blu / Blog

Mazzega libero. Le leggi non c’entrano, è una decisione dei giudici

Francesco Mazzega è stato trasferito in carcere a Pordenone in attesa che arrivi il braccialetto elettronico,  così verrà applicata la decisione del Tribunale del riesame di Trieste e l’assassino della 21enne Nadia Orlando potrà tornare a casa tranquillamente.

La decisione del Tribunale di Trieste ha fatto scalpore. Un assassino reo confesso che dopo poche settimane dal delitto già potrà andare a casa propria, coccolato da mamma e papà.  Non solo parenti e amici della vittima, ma persino i detenuti del carcere di Udine sono scoppiati in rivolta, tanto rendere necessario trasferire il ragazzo in un’altra casa circondariale perchè in via Spalato la situazione era diventata incontrollabile.

Nadia Orlando, uccisa a 21 anni

Nadia Orlando, uccisa a 21 anni

Non so se Mazzega abbia un cane (forse sì, vedi foto), un bel giardino, ma se avesse una piscina o un idromassaggio potrebbe goderseli come se nulla fosse successo. Per il momento non è ancora a casa, solo per un problema tecnico: la mancanza del braccialetto elettronico, un intoppo momentaneo che però non invalida la decisione del Tribunale del Riesame, che verrà eseguita non appena lo strumento verrà reso disponibile.

Sul Messaggero Veneto di oggi c’era una lettera aperta del sindaco di Dignano, paese della ragazza uccisa, rivolta a Mattarella affinchè cambino le leggi che hanno consentito l’assurda situazione: un assassino a casa propria, comodamente curato dalla propria famiglia, potendo dormire nel proprio letto, vedere la tv dalla mattina alla sera eccetera

Ebbene, i giudici applicano le leggi, dunque se Mazzega è libero, è per colpa delle leggi, come ipotizza il sindaco???

Questa è una sciocchezza enorme, che si vuole far passare per poter dare la colpa al sistema e rendere sempre esenti dalle proprie responsabilità gli uomini che concretamente amministrano al giustizia.

E’ ovvio che i giudici applichino le leggi, questo è il loro mestiere. Nessuna legge però è un automatismo, sempre deve passare attraverso il vaglio delle persone deputate alla loro applicazione, segnatamente i magistrati, categoria notoriamente potente e intoccabile (come del resto è normale che sia).

Anche in questo caso.

Normalmente (anche in Italia) un assassino sta in galera anche in cautelare, ovvero prima che il suo giudizio passi in giudicato, esattamente il caso Mazzega.

Nessuna legge è cambiata in questo senso recentemente, quindi perchè Mazzega è libero?

Semplicemente perchè i 3 signori giudici del Riesame hanno ritenuto che l’omicida potesse stare libero. Punto.

La legge consente benissimo che l’assassino stia in galera. La pena edittale dell’omicidio prevede la custodia cautelare in carcere, basta che si ravvisi uno dei 3 pericoli previsti dall’ordinamento e di cui spesso si sente parlare sui giornali:

  1. pericolo di fuga
  2. pericolo di inquinamento prove
  3. pericolo di reiterazione del reato

Gli esimi giudici del Tribunale del Riesame di Trieste, valutando la situazione di Mazzega hanno semplicemente ravvisato che NESSUNO di questi pericoli giustificasse la custodia cautelare in carcere. Nella loro pazzesca decisione, hanno ritenuto possibile una reiterazione, ma l’hanno considerata tranquillamente contrastabile con l’applicazione della misura dei domiciliari con l’ausilio del braccialetto elettronico collegato con le forze dell’ordine.

Se questo è suo cane, Mazzega potrà godersi la sua compagnia mentre detenuto per l'omicidio della povera Nadia, poche settimane dopo averla uccisa

Se questo è il suo cane, Mazzega potrà godersi la sua compagnia mentre detenuto per l’omicidio della povera Nadia, poche settimane dopo averla uccisa

Ora, va da sè, che per evitare un simile scempio della giustizia, bastava che i 3 giudici ravvisassero il ben ovvio pericolo di fuga, che è SEMPRE attuale in caso di pene gravi come quella che presumibilmente verrà inflitta all’assassino in questione e che di certo il braccialetto elettronico non può definitivamente evitare.

I 3 giudici non lo hanno fatto.

Questa è l’unica ragione. Non la legge, che già prevede la misura del carcere in attesa di giudizio per chi commette omicidio, come (quasi) sempre avviene.

Basta dare la colpa al sistema anche quando il sistema non ce l’ha!!

Al Tribunale del riesame di Trieste siedono persone che pensano che Francesco Mazzega, dopo aver ucciso la propria 21 enne fidanzata, abbia il diritto di stare a casa con la propria famiglia. Punto. Se questa cosa è scandalosa, come pare a chiunque abbia una moralità normale, la colpa venga data ai 3 magistrati strapagati che hanno preso questa incredibile decisione, pur dando loro la legge mille appigli per lasciarlo in Carcere e rigettare la richiesta della difesa.

A far infuriare ulteriormente, aggiungo poi un ulteriore elemento che pochi magari considerano:

ora l’obiettivo degli avvocati di Mazzega sarà quello di tirare per le lunghe il più possibile il processo, arrivando a più gradi di giudizio possibile. Perchè?

Semplice: Mazzega starà a casa fino al “passato in giudicato” ovvero fino ad un paio di mesi dopo la sentenza definitiva di cassazione, dopodichè verrà probabilmente condannato a stare in carcere. Ma se verrà condannato a 21 anni (esempio), a quei 21 anni verrà sottratto il periodo di detenzione cautelare, anche se effettuato in casa…

Quindi, se la sua sentenza definitiva arriverà tra 5 anni, lui dovrà scontare solo 16 anni in galera, perchè i giorni detentivi passati a casa verranno considerati come già scontati ed equiparati a quelli in carcere…

Senza contare poi tutta la disciplina premiale cui avrà diritto, ma qui il discorso diventa lungo. Fatto sta che dopo metà pena potrà avere i permessi premi e per fare questa metà conteranno anche i 5 anni ai domiciliari, con la mamma che prepara pranzo e cena.

Si può non comprendere le proteste furiose dei parenti della povera Nadia!?

Uno stato civile deve trattare con umanità anche gli autori dei reati più gravi, ma non può dimenticare in questo modo la vittima, offendendone la memoria e mancare in tal modo di rispetto alle persone care a chi non c’è più.

Lo Stato è le sue leggi, ma è soprattutto gli uomini che le applicano, sarà sempre così e finchè ci saranno giudici come questi, simili scempi continueranno.

 

– Il Cavaliere Blu –

 

 

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avvocati
Italia

Equo compenso avvocati, reintroduzione tariffe minime

Riportiamo lo stralcio di un articolo pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni, inerente un progetto di legge che vuole di fatto reintrodurre i minimi tariffari per gli avvocati, a pieno discapito del libero mercato e a danno degli stessi avvocati giovani, a solo favore di chi già esercita da tempo la professione.

Lunedì il Consiglio dei ministri ha adottato il disegno di legge sull’equo compenso per gli avvocati.

Quello che il Governo chiama ipocritamente “equo compenso” non è altro che la reintroduzione delle tariffe minime. Il presupposto dell’intervento è che la libera contrattazione tra clienti e professionisti non possa produrre un sistema di remunerazione “equo”. C’è una curiosa ironia in questo argomento: normalmente si ritiene che la parte debole di un contratto sia il cliente o il consumatore. Esiste un apposito codice per tutelarlo. In questo caso, si ritiene che l’assistito sia più forte del principe del foro (e magari domani anche degli altri liberi professionisti) e possa abusare della sua posizione di forza per rivolgersi ad avvocati che praticano tariffe inferiori, producendo quello che il ministro Orlando ha definito “caporalato intellettuale”.

Le tariffe minime sono lo scudo dietro cui, in realtà, si proteggono i professionisti meno bravi o quelli già in attività, che non vogliono rischiare la concorrenza dei nuovi. Si danneggiano così principalmente i giovani, i quali oggi possono usare una politica tariffaria di vantaggio per farsi conoscere.

Di fatto, le tariffe minime riportano con sé la logica sindacale dei contratti nazionali all’interno del mondo delle professioni, facendone venir meno la natura imprenditoriale.

L’equo compenso è quanto di più iniquo si possa immaginare a danno dei giovani professionisti, e della natura stessa dell’attività professionale.

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