Le proteste dei gillet francesi dimostrano che l’Occidente tutto, non solo l’Italia, si trovano in un circolo vizioso che porterà alla distruzione del sistema democratico fondato su lavoro, progresso e meritocrazia, andando verso una sorta di peronismo sudamericano e verso una diffusa povertà.

Si tratta dell’amara conclusione della riflessione dell’economista Massimo Fontana, che analizza la situazione partendo proprio dalla “vittoria” dei gillet gialli francesi, la cui protesta è nata dopo gli aumenti del carburante decisi dal governo di Macron.

Una protesta talmente dura e violenta da costringere almeno parzialmente il presidente francese a fare marcia indietro, proclamando una moratoria di sei mesi sull’aumento del carburante.

Una protesta però difficilmente caratterizzabile.
Sia l’estrema destra che l’estrema sinistra ci hanno provato, ma senza riuscirci, anche se leggendo la bozza di programma che secondo i giornali proverrebbe da quel movimento (non troppo credibile a dirla tutta, proprio per la sua natura non organizzata), quello che notiamo è la preponderanza di tutte le idee più demagogiche e strampalate che circolano soprattutto nella sinistra estrema orfana ormai inconsolabile del comunismo sovietico.
Strampalate e demagogiche, ma anche poco informate: vedere in proposito alla voce promozione auto ad idrogeno in quanto realmente pulita invece di quella elettrica.
E qui vengono fuori in tutta la loro drammaticità i danni nell’opinione pubblica fatti da personaggi quali Jeremy Rifkin.

Comunque, alla situazione francese si unisce anche l’elezione regionale in Spagna, che per la prima volta dal crollo del franchismo, ha portato nel consiglio regionale 12 consiglieri espressione di un partito di estrema destra nazionalista, nostalgico del franchismo, anti-immigrazione e antifemminista.
Se infine allarghiamo la visione al resto d’occidente e agli ultimi anni non possiamo non notare un enorme sommovimento politico in quasi tutte le nazioni occidentali.
Gli elettori di tutto il mondo stanno in pratica urlando un sonoro vaffanc..o a tutte le classi dirigenti del pianeta.
Da cosa è dovuto tutto questo?

Secondo l’interpretazione più in voga, peraltro proprio tra quelle stesse elite che il popolo sta mandando a quel paese, vi è come spiegazione principale l’aumento delle disuguaglianze.
Ora, se le ricerche di economisti quali Piketty ci dicono che effettivamente le disuguaglianze sono aumentate, ci dicono anche che:
1) tranne in parte gli Usa, le disuguaglianze non sono al livello massimo della storia
2) anche lo fossero, i margini di ridistribuzione tramite l’uso attivo della leva fiscale sono bassissimi.
Non a caso lo stesso Piketty alla fine si attacca a due soli provvedimenti, ovvero un aumento della tassazione personale all’80% e un aumento della tassazione patrimoniale sull’eredità.
Considerando però che proprio la Francia ha sperimentato come una tassazione personale a simili livelli sia un completo fiasco, e che in quasi tutti i paesi occidentali la tassazione ereditaria è già molto elevata, margini per intervenire realmente sulla disuguaglianza tramite nuove tasse non ce ne sono.
A meno di non voler uccidere l’economia.
3) senza contare infine che l’unica grossa riduzione delle disuguaglianze nella storia dell’umanità si è avuta nel periodo 1914-1945, ma non per eventuali politiche redistributive, ma per la distruzione del capitale in quella che si può considerare la lunga guerra civile dell’europa.
Strada questa non propriamente da consigliare.

gillet gialli piccola

 

 

LE CAUSE DELLE RIBELLIONI AL SISTEMA

Scartato l’eccesso di diseguaglianza tra le cause reali del moto di ribellione anti sistema che si sta diffondendo in gran parte del mondo Occidentale (per quanto sul tema altri pensatori come Michele Boldrin dissentano  vedi infatti precedente articolo su RobinUd), Fontana individua almeno tre fattori determinanti: l’eccesso di statalismo con relativo accrescimento delle aspettative del cittadino nei confronti dello Stato, la crisi finanziaria dovuta alla bancarotta Lehman, infine l’espansione oltre misura del fenomeno migratorio.

La prima (causa) è la principale ed è dovuta all’intreccio perverso tra il sovraccarico di competenze statali unito all’altrettanto sovraccarico di aspettative dell’elettore.
In sostanza, dal dopoguerra ad oggi, le competenze degli stati sono enormemente aumentate e con loro le condizioni di vita dei cittadini.
Condizioni di vita che fino agli anni ’80 crescevano ad un tasso più o meno doppio di quello degli ultimi 25 anni.
Ma condizioni di vita sempre migliori hanno portato la popolazione ad aumentare in modo esponenziale le proprie aspettative di vita (inteso come capacità di aumentare le proprie condizioni materiali), ben oltre le possibilità reali di crescita ordinaria di un sistema economico.
Detto banalmente: il cittadino occidentale era abituato a crescere al ritmo del 3% annuo, mentre oggi viaggia all’1,5.
Se ci aggiungiamo il fatto che lo stato ha raggiunto il limite massimo di competenze gestibili in modo efficiente (l’Italia di sicuro, meno per gli Usa e l’UK) , ecco che ci troviamo nella situazione in cui l’elettore medio ha aspettative di vita tali che di fatto nessun governo razionale può promettere.
E questo perchè riassumendo:
1) il tasso di crescita dell’occidente avanzato per ragioni demografiche e tecnologiche è fermo all’1,5%
2) lo stato non può più fare niente di utile in quanto è ormai talmente grande che ogni suo ulteriore intervento pesante, ridurrebbe l’efficienza del sistema economico, rallentando ancora di più la crescita.

Come detto, in questo contesto, i partiti tradizionali di governo, consci di questo problema sono di fatto bloccati nella loro azione di governo.
A chi si rivolge allora l’elettorato con ancora le aspettative di 30 anni fa?
Ai vari populismi, che della razionalità, soprattutto economica, se ne fregano .

In tutto questo si aggiunge però una seconda causa, che in realtà si divide in due e sono contingenti al particolare momento storico che viviamo:
– la crisi economica post Lehman
– la crisi migratoria dei rifugiati.

E qui la cosa si complica ulteriormente, perché in un mondo di aspettative crescenti ma irreali, arriva una crisi economica bancaria, quindi la crisi peggiore e pesante che possa esistere, la quale fa più o meno ristagnare il reddito per anni.
E buon ultimo in questo contesto si riversa una massa di milioni di diseredati in cerca di lavoro.
In simile situazione, con reddito fisso o quasi, ma col numero di persone che devono spartirselo che aumenta, la gestione dei flussi migratori diventa chiaramente una sorta di lotta “marxista” al reddito, ovvero un aumento per uno è una diminuzione per l’altro.

 

IL CIRCOLO VIZIOSO

L’analisi di Fontana conduce però ad una conclusione ancora più negativa, poiché uscire da questo circolo vizioso pare impossibile, se non in peggio, ovvero sconfinando verso un modello simile al peronismo sudamericano. Cosa si può fare quindi, secondo Fontana?

Poco perchè l’elettore arrabbiato e dalle aspettative irreali è ingestibile.
Poco perchè di fatto c’è solo una opzione da percorrere: la riduzione del gap di aspettative e l’aumento della crescita della produttività (sola che può aumentare i redditi).
Ma infine, tanto, perchè implementare le politiche necessarie a raggiungere tale obiettivo richiede riforme che attualmente gli elettori semplicemente non vogliono .
Ergo : l’occidente è in un circolo vizioso.
Circolo vizioso che se prima o poi non verrà interrotto dagli elettori stessi riportando il consenso verso politiche o liberiste o ordoliberiste (socialdemocrazia), potrebbe trasformare l’occidente in quella che è la sua versione populista, ovvero il sudamerica peronista.
Realizzando in quest’ultimo caso la profezia del Schumpeter del 1942. (clicca qui per una spiegazione della teoria di Shumpeter sul sito dell’Istituto Bruno Leoni)

Alla fine risolverà ogni problema la dura realtà (o meglio Darwin), ma ci vorrà tempo.
Tanto , tanto, tanto, tanto tempo .
Nel mentre……. si salvi chi può.