Ad Ivrea è nata la Olivetti, azienda italiana che ha partecipato alla storia del progresso tecnologico e che è stata, specie sotto la guida di Adriano Olivetti, un esempio di evoluzione industriale la cui crescita ha portato benessere non solo economico ma anche sociale nel Dopoguerra.

Mentre l’azienda creava prodotto d’avanguardia e qualità che veniva esportati ovunque, come la celeberrima macchina per scrivere Lettera22 o successivamente il Programma 101, da molti considerato il primo personal computer del mondo, gli operai e i dipendenti della Olivetti godevano di stipendi molto più alti della media e di servizi all’avanguardia come gli asili nido.

La città venne a pieno titolo insignita del titolo di “capitale dell’informatica”, ma ora tutto è cambiato e riporto qui una lettera scritta da Marco Cifarelli, che Ivrea la conosce bene, e che racconta di come dagli anni ’90 il declino abbia portato un presente triste e privo di futuro per questa città piemontese, il cui destino ricorda quello di molte altre città italiane, come la “nostra” Manzano, la defunta capitale della sedia.

Ecco dunque la lettera di Marco Cifarelli, che sta girando in questo giorni sui sociali:

“storia recente di Ivrea, esemplificativa del declino italiano.

Scendendo in autostrada da Scarmagno verso Ivrea ci si imbatteva in un cartello stradale, celebrativo di vecchi fasti: Ivrea, capitale dell’ informatica.

Fortunatamente e’ stato rimosso da tempo, sarebbe risultato imbarazzante.

A fine anni ‘80 Ivrea era la citta’ con la maggiore propensione al risparmio in Italia; certo non la piu’ ricca, ma quella in cui il rapporto tra costo della vita, tasso di occupazione e mentalita’ contadina allergica a contrarre debiti, aveva permesso una notevole accumulazione di ricchezza.

Ricchezza che non ha fatto cogliere subito la gravita’ della crisi, ma che comunque ha permesso un atterraggio piu’ morbido rispetto ad altre zone (il famoso welfare familiare), e che tuttora consente a una generazione di pensionati di mantenere figli e spesso nipoti disoccupati o sotto-occupati (i famosi lavoratori Istat ad 1 ora alla settimana).

Da 40 anni qualsiasi cosa si muova (o meglio non riesca a muoversi in citta’) deve ottenere il “visto” del sistema di potere PCI-PDS-DS-PD, che tante opportunita’ ha fatto sfumare in questa zona.

A meta’ degli anni ’90 sembrava potesse avvenire la svolta: per le elezioni amministrative si individuo’ la figura del prof. Giovanni Maggia, storico dell’ economia e presidente della Fondazione Olivetti, il massimo esperto della cultura industriale di questo territorio.

Il prof. tento’ di portare idee, societa’ civile e un programma innovativo.

In pochi mesi si guadagno’ l’ ingresso nella lista nera dei partiti che ne avevano sostenuto la candidatura e la campagna elettorale: la sua volonta’ di non prendere ordini di scuderia dai segretari di partito, ma di voler sviluppare con trasparenza l’ iter decisionale in consiglio comunale fu preso malissimo da chi si proponeva una mera operazione di maqauillage elettorale, continuando nelle segrete stanze a celebrare i soliti riti.

Venne di fatto commissariato, e in breve decisero che non sarebbe stato ricandidato.

Il sindaco ebbe l’ idea di separare l’ ordinaria amministrazione dalla valutazione dei progetti di lungo periodo, attivita’ per la quale nomino’ un manager nel ruolo di assessore alle iniziative strategiche.

Tra i tanti progetti elaborati giunse quasi alla fase di implementazione un centro che raccordasse sport, realta’ virtuale, gioco e commercio di alta gamma: investitori americani si dimostrarono interessati, si costitui’ una societa’ ad hoc che avrebbe potuto occupare a pieno regime fino a 500 persone.

Piu’ importanti ed ambiziosi progetti sembravano in cantiere: lo spostamento dell’ ospedale, datato anni 30, verso un’ area ex Olivetti, da costruire secondo moderni criteri, sviluppo in orizzontale, elisoccorso adiacente, parcheggi.

Poi una cittadella della cultura che offrisse servizi integrati, sperimentando ad esempio la didattica multimediale, con la garanzia di orari di apertura estesi per assumere il ruolo di centro di ritrovo dei giovani in alternativa a bar e sale giochi.

Ivrea conta tre importanti insediamenti di aziende di telecomunicazione (Vodafone, Wind e Tim nelle zone limitrofe): era naturale che ci si impegnasse a promuovere una facolta’ di telecomunicazioni o almeno una scuola di specializzazione di altro livello.

Sfumo’ ben presto tutto, perche’ anche imprenditori come Colaninno che avevano dato una disponibilita’ iniziale, si sfilarono subito.

Tutte idee rimaste sulla carta, congelate da veti, questioni legali e burocratiche, sabotaggi vari, e intanto anche storici enti di formazione come Elea e Ghiglieno chiudevano i battenti, disperdendo quel poco residuo di saperi del territorio (meccanica e informatica).

Si conclude il mandato del prof, e la politica politicante torna a puntare sul sicuro, candidando un funzionario di partito e sindacale, con eccellente conoscenza della macchina amministrativa ma con zero idee sul futuro della citta’.

La politica e i gruppi di potere collegati recuperano il controllo, per gestire con spensieratezza il declino, inarrestabile.

Negozi e attivita’ chiuse, capannoni in affitto da anni, lavori e lavoretti precari, centri commerciali, tanti troppi, unica idea di sviluppo e con fatturati in discesa, vista l’ eccessiva concentrazione.

Quella che veniva immaginata come la Silicon Valley italiana si e’ involuta a una distesa di casse automatiche, dove pensionati perplessi cercano di decifrare le astruse istruzioni dei marchingegni (prodotti altrove) per saldare il costo della spesa.

La considerazione finale di questo lungo e forse ellittico racconto: quanto un territorio, un’ impresa, un Paese giunge a livelli di estrema criticita’ come quelli descritti non bastano piu’ o meno zelanti amministratori, che svolgono in modo ordinato i compitini, ma bisogna affidarsi a folli visionari o almeno intellettuali e professionisti di eccellenza che abbiano contezza dei processi in corso nel mondo, con un programma di sviluppo innovativo per guidare il cambiamento.

La crisi puo’ anche essere un’ opportunita’ a patto che si metta in discussione tutto.

Ci vuole coraggio pero’.

Per ora la societa’ civile soccombe alla politica e ai poteri logori consolidati attorno ad essa.”

 

Olivetti Lettera 22 esposta al Moma di New York