La provocatoria proposta di Bill Gates di tassare il lavoro dei robot come fosse quello degli uomini si inserisce nell’avanzato dibattito che coinvolge il tema dell’automazione del lavoro, con i vantaggi e gli svantaggi ad esso connessi.

“Se un lavoratore viene pagato 50.000 dollari – dice Bill Gates – paga allo Stato le tasse su quel reddito. Se il suo stesso lavoro viene compiuto da un robot, è giusto che le tasse vengano pagate in egual misura”

Un tale sistema potrebbe esistere e resistere solo se venisse in qualche modo applicato in tutto il mondo, in caso contrario infatti se la tassa sull’automazione venisse applicata solo da una nazione, le sue industrie ne verrebbero penalizzate oltremodo.

Tuttavia la provocazione di Bill Gates non è banale e va valutata tenendo anche presente da chi proviene.

Non è certo un tentativo di arginare il mare con le mani, non si tratta di mettere in competizione l’uomo e il robot oppure di trovare una forma di disincentivazione del lavoro automatizzato per difendere il lavoro manuale, questa sarebbe l’interpretazione banale di un populista da quattro soldi, di quelli che raccolgono i voti di protesta un po’ in tutto il mondo e talvolta riescono pure ad essere eletti.

No: Bill Gates prende in considerazione il fatto che il processo di automatizzazione di molti lavori è il destino inevitabile cui andiamo incontro. Non solo nell’industria in realtà, essendo soggetto al fenomeno anche una gran parte del lavoro casalingo o nel settore del commercio, come è già visibile nei supermercati con le casse automatiche o negli hotel con le colonnine automatiche per il check in, o il settore terziario, basta pensare all’home banking che elimina gli sportelli o alle prenotazioni dei viaggi sul web che sta chiudendo le agenzie di viaggio.

Cosa comporterà la diffusa automatizzazione?

Di buono che ci sarà maggiore efficienza, che molti servizi costeranno di meno e verranno eliminati molti mestieri pericolosi o debilitanti, ma tutto questo creerà una spiacevole conseguenza di cui si avverte sin d’ora drammaticamente l’alba:

un tasso di disoccupazione elevato a livelli mai conosciuti nella storia

La soluzione a cui hanno pensato molti grandi pensatori, tra cui appunto Bill Gates o Elon Musk, persone capaci di vedere il futuro in anticipo, è il cosiddetto reddito di cittadinanza universale, non pensato però come strumento di sussidio temporaneo, ma come stabile redistribuzione della maggiore efficienza economica dovuta al progresso tecnologico.

La teoria alla base di questa idea è che il progresso riesca a creare la risposta ai bisogni umani con minore sforzo, ma allo stesso tempo con minore bisogno del lavoro fisico o intellettuale degli uomini e che dunque anche a causa di questo genere di progresso la disoccupazione stia crescendo, non solo dunque per ragioni meramente economiche.

La soluzione alla crescente disoccupazione quindi potrà difficilmente essere creata mediante strumenti economici tradizionali, ma andrà ripensata la stessa struttura sociale e la redistribuzione del surplus di efficienza creato dall’automatizzazione.

Si pensa insomma ad un mondo in cui le persone non dovranno lavorare per sopravvivere, ma lavorare per avere di più, per dare sfogo alla propria energia e creatività, o per assecondare all’ambizione o far fronte alla noia.

Un mondo davvero così lontano o fantascientifico, oppure una realtà che si sta già materializzando e che rappresenta la vera sfida sociale e politica del futuro?

E. Hopper: " Room by the Sea "

E. Hopper: ” Room by the Sea “