In via di approvazione alle camere un provvedimento che secondo alcune stime porterà nuove entrate fiscali per 2 miliardi di euro, tutte a carico delle partite IVA, con aggravi dei costi annui e con ulteriori adempimenti, con buona pace per la semplificazione.

Si riporta qui il testo dell’articolo apparso sul Corriere della Sera del 19 novembre scorso, a firma di Dario De Vico:

Matteo Renzi ha bloccato via Twitter gli emendamenti alla legge di Bilancio che avrebbero comportato una maggiore tassazione per gli affittuari di Airbnb («finché sarò al governo non ci saranno nuove tasse») ma finora non si è mosso per evitare una nuova imposta occulta sulle partite Iva. Il decreto legge fiscale che è stato approvato dalla Camera ed è al vaglio del Senato prevede infatti per tutte le partite Iva (imprese artigiane, commercianti e professionisti) un carico di 8 nuovi adempimenti che comportano costi stimati in 480 euro annui nel 2017 e 720 già dal 2018 per ciascun soggetto. L’accusa che viene dalle associazioni dei professionisti è che in questo modo si inflaziona un calendario di scadenze fiscali già fitto perché quelle che erano disposizioni da osservare una volta l’anno diventano trimestrali. Stiamo parlando della trimestralizzazione del cosiddetto spesometro e la comunicazione ogni tre mesi dei dati delle liquidazioni periodiche dell’Iva. In questo modo il governo pensa di recuperare 2 miliardi nel 2017, una posta di bilancio significativa per chiudere i conti di quella che ormai abbiamo ripreso a chiamare «la finanziaria».

Lotta all’evasione

In nome della sacrosanta lotta all’evasione si rischia però di mettere in croce le partite Iva che già devono penare per tenere una rotta di mercato apprezzabile vista la tendenza delle stesse amministrazioni pubbliche e delle imprese committenti a seguire la logica del massimo ribasso. «Non si comprende – sostiene Andrea Dili presidente di Confprofessioni Lazio – come a fronte di provvedimenti governativi che vanno nella giusta direzione ovvero studi di settore, superammortamenti, disegno di legge sul lavoro autonomo si introducono invece contestualmente norme che accrescono il peso della burocrazia, scoraggiano gli investimenti e finiscono per pesare su chi le tasse le paga già». Confprofessioni Lazio è arrivata anche a fare delle previsioni sull’ammontare complessivo dei nuovi adempimenti burocratici e tira fuori la cifra-monstre i 10 miliardi nel triennio 2017-20, un ammontare che supera di un miliardo il gettito atteso nello stesso periodo. «Sarebbe stato meglio concentrarsi su strumenti meno onerosi per le imprese e su soluzioni meno anacronistiche».

Contrasto di vedute

Ma come mai il governo così attento all’effetto-immagine connesso con le scelte fiscali ha invece scelto diversamente per quel che riguarda le partite Iva? Le spiegazioni che circolano rimandano a un contrasto di vedute tra palazzo Chigi da una parte e l’agenzia delle Entrate e il ministero dell’Economia dall’altra. I primi sostengono la linea del fisco 2.0 che deve dare fiducia ed evita di costruire norme sulla patologia dei comportamenti, i secondi a costo di dare messaggi contraddittori hanno necessità di immediata di inserire coperture nella legge di Bilancio e sicuramente anche di dare una svolta alla lotta all’evasione dell’Iva. Ma obbligando imprese e professionisti a fare quattro invii di dati all’anno invece di uno non è detto né che i controlli riescano a essere tempestivi né che si riescano a reperire i 2 miliardi della discordia. Infatti adesso l’Agenzia delle entrate sta ancora vagliando le dichiarazioni dell’anno 2014 e se dovesse passare la norma contestata si troverebbe a dover controllare una mole di dati moltiplicata per quattro negli stessi tempi. Le controindicazioni non finiscono qui, c’è anche il rischio di una violazione dello Statuto del contribuente perché l’aggiornamento dei software degli operatori richiede realisticamente un tempo più lungo.