Il Sindacato delle professioni infermieristiche Nursind protesta contro le problematiche provocate dalle disposizioni del nuovo Atto Aziendale dell’Ospedale di Udine, che contiene le procedure da seguire, individuando soluzioni non sempre razionali, tra cui – come racconta il consigliere nazionale della sigla sindacale Stefano Giglio, l’esempio di un paziente ricoverato alla Cardiochirurgia dell’ospedale di Udine, sedato, intubato e pronto per essere sottoposto a un intervento con tanto di medico anestesista, infermiere e portantino al seguito, che sarà costretto a percorrere ben due chilometri nei sotterranei del complesso ospedaliero per andare e tornare.

Giglio continua: «Più volte è stata cassata da diverse parti la prima stesura di quello che i vertici dell’Asuiud ipotizzavano potesse essere l’Atto aziendale, documento in arretrato di almeno sei mesi che dovrebbe individuare e delineare la strada maestra da seguire nella programmazione e nella gestione futura del nosocomio udinese. Le nuove direttive indicavano che la gestione dei pazienti degenti in rianimazione Cardiochirurgia sarebbero transitati nel dipartimento delle Terapie intensive generali e dell’Anestesia. Nonostante la levata di scudi da parte di alcune parti in causa il primo paziente con specifiche problematiche cardiochirurghe sarà accolto nella Terapia intensiva generale».

Nello specifico, spiega il sindacalista, il paziente sarà trasferito attraverso i sotterranei dalla Cardiochirurgia, che si trova nel padiglione 5, fino al nuovo ospedale, dove attenderà la programmazione dell’intervento chirurgico, con annesso trasferimento in andata alla Cardiochirurgia, per poi rientrare alla Terapia intensiva generale per la prosecuzione delle cure.
«Fra i due padiglioni c’è una distanza di circa un km – osserva Giglio –, ci chiediamo come si possa pensare a tutto questo via vai quando il dipartimento di Cardiochirurgia dispone di dieci letti di terapia intensiva adiacenti al blocco operatorio. Esporre un paziente così delicato a trasferimenti importanti e a tutti i rischi connessi  potrebbe avere risvolti importanti. Senza dimenticare che questa tipologia di pazienti ha caratteristiche che impongono competenze tecniche assistenziali che non si acquisiscono in cinque minuti».
«Se la visione prospettica futura è questa – insiste Giglio –, allora dovremmo aspettarci che particolari pazienti ora in carico alla Terapia intensiva 1 finiscano proprio in rianimazione cardiochirurgia come i pazienti traumatizzati cranici o anche i pazienti pediatrici».