Il discorso di fine anno di Mattarella, le polemiche tra puristi M5S e e Governo sulle trivellazioni in Puglia, l’ennesimo scontro tra Salvini e l’Europa per lo sbarco di alcune decine di immigrati… sono tutte chiacchiere che servono a riempire le pagine dei giornali.
L’Istat invece ha iniziato l’anno rendendo pubblici alcuni numeri preoccupanti e registrando in particolare che nel terzo trimestre del 2018 la pressione fiscale ha avuto un ulteriore aumento, salendo al livello di 40,4% del PIL.
Anche le spese correnti dell’Amministrazione Pubblica nello stesso periodo offrono un dato terrificante, essendo in aumento del 3% in più rispetto allo stesso periodo del 2017.
Il terzo trimestre del 2018 è importante poiché rappresenta il primo risultato della gestione dell’attuale Governo.
Aumento degli introiti fiscali e crescita delle spese correnti della Pubblica Amministrazione quindi, in attesa della forzatura dell’indebitamente già programmata per i prossimi anni.
Le conseguenze per le famiglie sono spiegate con cruda chiarezza nel commento dell’Istat in calce alle tabelle: “il reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. A fronte di un aumento del deflatore implicito dei consumi pari allo 0,3%, il potere d’acquisto è diminuito dello 0,2%. La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, calcolata come rapporto percentuale tra il risparmio
lordo e il reddito disponibile lordo corretto per tener conto della variazione dei diritti netti delle famiglie sulle
riserve tecniche dei fondi pensione, nel terzo trimestre 2018 è stata pari all’8,3% (-0,2 punti percentuali
rispetto al trimestre precedente)”
A fronte di un lieve aumento del reddito lordo, il potere d’acquisto delle famiglie è calato, come anche la propensione al risparmio, confermando il trend autodistruttivo di questo Paese e la forza della spirale fiscale che riduce in modo costante e progressivo la ricchezza disponibile delle famiglie.
L’attuale Governo, definito di rottura e senz’altro capace di innescare polemiche di grande portata, pare mantenere la barra dritta verso la stessa direzione intrapresa dai precedenti: un lento e costante impoverimento, in modo che non ci si faccia caso, un cammino senza scossoni troppo evidenti, ma incessante, verso la mediocrità.
Viene dunque da dare ragione a Michele Boldrin, che nel criticare il discorso di fine anno di Mattarella ha detto:
Peccato che Mattarella non abbia detto una cosa concreta che fosse una e non abbia attribuito neanche mezza responsabilità ad una qualche istituzione, governo, gruppo politico o di interesse dotati di nome e cognome. Una lunga lista di difetti, limiti, guai e problemi, tutti privi di un qualsiasi responsabile; tutti, evidentemente, prodotti della divina cattiveria. Il problema italiano, in un certo senso, sta tutto lì: nell’incapacità nazionale di chiamare i problemi con il loro nome e nell’indicarne esplicitamente sia le cause che i responsabili. Senza questo esercizio diagnostico preliminare non sarà mai possibile rimuovere i responsabili delle cause, tanto meno rimpiazzarli con persone che abbiano sia competenze che approccio adeguati al problema. La conseguenza di questo “voemose ben” generalizzato è il dominio della mediocrità perché la mediocrità è maggioritaria.
(clicca qui per leggere l’articolo di Boldrin su Linkiesta)