Economia Fvg

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Regione Fvg

Imprese artigiane in Fvg: 3mila in meno in 10 anni

In circa dieci anni, dal 2006  al 2017, sono sparite 3.000 imprese artigiane in Friuli Venezia Giulia.

Secondo lo studio svolto dall’Ires del Fvg  (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali) sull’andamento delle aziende operanti nell’artigianato, il numero di imprese  in Friuli Venezia Giulia è infatti sceso dalle 31.325  esistenti nel 2006 a 28.375 nel primo trimestre del 2017, con una variazione negativa pari a -9,4%.

Lo rileva il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo sulla base di dati Inps. Le province di Pordenone e Gorizia sono quelle che presentano le flessioni più accentuate (-11,5% e -15,6%); solo in quella di Trieste la dinamica è stata più attenuata (-3,4%).
A metà degli anni Duemila si è interrotta una fase espansiva trainata dal comparto delle costruzioni che, un po’ in tutte le regioni del Nord, aveva determinato una forte crescita del numero di imprese individuali artigiane, spesso con titolari stranieri, provenienti principalmente dall’Albania, dalla Romania e dai paesi dell’ex-Jugoslavia.

La crisi economica ha, come è noto, ridimensionato il numero di imprese dell’edilizia, in particolar modo nella provincia di Gorizia; nell’ultimo decennio vi è stata una notevole diminuzione anche nel settore del legno dell’arredo, nelle produzioni in metallo e nell’autotrasporto. Sono questi i settori in cui si è concentrata la riduzione delle aziende artigiane.

Meno drastica la riduzione in provincia di Trieste, dovuta secondo Russo alla minore vocazione manifatturiera e alla maggiore tenuta dell’edilizia nella provincia di Trieste, che inoltre rispetto alle altre ha una marcata specializzazione in ambito terziario . In provincia di Trieste le imprese nel comparto delle costruzioni non hanno subito una forte contrazione, grazie soprattutto alle attività specializzate in impiantistica (termoidraulici, elettricisti eccetera). Tale comparto ha retto anche poichè beneficiato delle agevolazioni fiscali legate alle ristrutturazioni e al miglioramento dell’efficienza energetica.

In generale il calo osservato tra il 2006 e il 2016 è comune a tutte le regioni italiane ed è particolarmente accentuato in quelle del Nordest (-14%); a livello nazionale la a variazione negativa è pari a -11,3%.

Un dato interessante inerente le imprese artigiane, secondo le studio dell’Ires, è l’aumento della percentuale femminile.
I titolari delle imprese artigiane sono prevalentemente maschi, tuttavia la presenza femminile ha aumentato il proprio peso: dal 18% nel 2006 al 20% nel 2016. La crisi ha infatti colpito soprattutto i settori a più alta intensità di lavoro maschile, come l’edilizia, alcuni segmenti del manifatturiero, l’autotrasporto. In regione il numero di titolari donne di imprese artigiane si è invece mantenuto costante nell’ultimo decennio, intorno a 7.000 unità; gli imprenditori maschi sono diminuiti del 13,9% (4.476 in meno). Spesso infatti le donne operano in ambiti del terziario che in questi anni hanno sofferto di meno, come le attività di pulizie e i servizi alla persona (lavanderie, parrucchiere, estetiste).
Tra collaboratori e dipendenti delle imprese artigiane il rapporto tra i generi è più equilibrato; in questo caso la flessione maggiore ha riguardato le donne (-25,1% contro -17,5%).

Dall’esame dei dati suddivisi per classi di età appare evidente l’insufficiente ricambio generazionale che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Gli artigiani con meno di 40 anni sono complessivamente diminuiti di quasi 7.200 unità in regione, in particolare nella fascia compresa tra 30 e 39 anni (5.600 in meno), mentre crescono sensibilmente gli over 50 (circa 2.800 unità in più). In particolare negli ultimi dieci anni è raddoppiato il numero di artigiani con più di 69 anni, passati da 755 a 1.487. Inoltre la quota degli artigiani over 60 è aumentata di 5,5 punti percentuali (da 11,3% a 16,8%). Tali dinamiche rispecchiano in parte il più generale invecchiamento della popolazione regionale e sono comuni anche al mercato del lavoro esaminato nella sua totalità.

Questo è probabilmente il dato più preoccupante emerso dall’analisi.

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Regione Fvg

La Cisl: manufatturiero, in Fvg a rischio 92 mila posti di lavoro

Grande preoccupazione per il manufatturiero in Friuli Venzia Giulia è stata espressa dal segretario della Cisl-Fvg Alberto Monticco:

«Lo scarto tra le grandi imprese e quelle di piccole dimensioni si allarga sempre di più e su questo andrà senz’altro aperto un ragionamento, che deve vedere assieme istituzioni, parti sociali e datoriali. Se fortunatamente imprese come Fincantieri oggi registrano carichi di lavoro da record, dall’altra parte esistono realtà, altrettanto importanti per il territorio, ma in forte sofferenza».

Il riferimento di Monticco è per realtà quali ad esempio: Sertubi, Flextronics, Giulia, Latterie Carsiche, gruppo metalmeccanico Sassoli di Pordenone, Acciaieria Fonderia Cividale di Udine, Pilosio di Tavagnacco, di cui la recente notizia di un grosso numero di dipendenti posti in cassa integrazione straordinario (clicca qui per il relativo articolo del Gazzettino dello scorso febbraio)

«Sono imprese – commenta Monticco – non solo straordinarie sotto il profilo delle potenzialità, ma anche fondamentali per il nostro tessuto produttivo, che pagano lo scotto della crisi e della concorrenza giocata sui prezzi. Se sommiamo i lavoratori del manifatturiero che oggi vedono vacillare il loro posto di lavoro arriviamo a un numero preoccupante: circa 92.000! Alla fine del 2015 erano 43.000 le persone in cerca di occupazione, con una crescita dei disoccupati di lunga durata, specialmente donne, altri 39.000 i neet e circa 10.000 i lavoratori che in questo momento operano in aziende in crisi.
La Regione deve scendere in campo per assicurare gli interventi strutturali e necessari a consentire occasioni di sviluppo al manifatturiero. Il Rilancimpresa va in questa direzione, ma deve accelerare per ottenere in tempi rapidi i risultati necessari. Altrimenti sarà tardi.  Va rafforzata la politica industriale del Fvg prevedendo un assessorato specifico; bisogna accelerare sulle infrastrutture, a partire dall’intermodalità; va creato un sistema che coniughi ricerca e produzione, ma soprattutto valorizzato quanto di buono già esiste sul territorio, quelle imprese, che messe a sistema o inquadrate in filiere produttive percorribili, possono tornare ad essere competitive».

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Immagine esterna della Pilosio di Tavagnacco, una delle eccellenze friulane, che però ha recentemente messo in cassa integrazione oltre 100 dipendenti

Per Monticco, creare un sistema di indotto intorno alle grandi aziende non è una cosa facile ma nemmeno impossibile:

«certo servirà potenziare la rete infrastrutturale e capire quali sono le aree e le filiere di sviluppo per cogliere le opportunità: le riparazioni navali, con annesse attività di lavorazione e componentistica, potrebbero essere un altro retro-bottega da costruire?».

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Giordano Bruno / Le stilettate degli Amici di Robin Ud / Blog

Monfalcone, dove un grillo impedisce all’azienda di crescere

Una storia grottesca ma tremenda, quella del grillo dell’area industriale di Monfalcone…

Sembrava un pesce d’aprile, perchè il diniego della Regione al progetto di espansione dell’Adriastrade  riportava una causa improbabile: la presenza in zona di una particolare specie di grillo.

Invece no: davvero la Regione ha impedito ad un’azienda di espandersi su di un terreno da 20.000mq in una zona industriale perchè vi soggiorna un grillo.

Una ZONA INDUSTRIALE, non un parco nazionale, infatti l’area interessata è già confinante con l’attuale sede dell’azienda.

Adriastrade, azienda con circa 100 dipendenti, ha comprato per 700mila euro un terreno di 20.000mq, limitrofo alla propria attuale sede, in piena zona industriale di Monfalcone, tra l’altro acquistandolo dal Consorzio industriale, niente di più logico dovendo espandere la sede.

L’impresa ha quindi presentato domanda dei permessi necessari a realizzare la costruzione, ma presto è giunto il secco diniego della Regione: NO, qui non si può costruire, vi soggiorna una specie rara di grillo.

Immediata la reazione dell’azienda, che si è rivolta al Consorzio Industriale di Monfalcone per pretendere evidentemente l’annullamento del proprio acquisto essendo il terreno stato venduto come idoneo a realizzare l’ingrandimento della sede.

Da parte sua il direttore del Consorzio, Giampaolo Fontana, si è detto esterrefatto dalla decisione della Regione e ha rilasciato pesanti dichiarazioni alla stampa: “È una zona industriale di interesse regionale sulla quale si stanno spingendo investimenti e c’è la raccomandazione di attrarre nuovi imprenditori, mi chiedo come potremo salvaguardare le prossime attività industriali se non riusciamo a permettere a un’azienda di allargarsi su 20mila metri quadrati. E se questo è l’approccio per quella che è un’attività industriale non posso immaginare cosa accadrà per le aree dove deve svilupparsi il porto. Ho paura che la specie soggetta all’estinzione naturale in queste condizioni sarà l’attività produttiva e industriale, altro che il Grillo zeunerino”.

Date le polemiche innescate dal minuscolo grillo, capace in piena zona industriale di dettare legge alle aziende, è intervenuta l’Assessore regionale all’ambiente Sara Vito, la cui difesa, in perfetto burocratese e dimostrando assoluto disinteresse alla questione pratica dei problemi dell’azienda interessata, è stata agghiacciante: “Vi erano carenze documentali e vi era la necessità di alcuni approfondimenti su tematiche specifiche, tra cui, anche ma non solo, la questione dei potenziali effetti dell’intervento sul Grillo”.

Come dire: NON SOLO IL GRILLO ma anche la buona e vecchia BUROCRAZIA.

Al nemico che non ti aspetti, il minuscolo grillo, si affianca quindi il consueto gigante che contrasta ancora una volta le nostre imprese e la loro competitività, in barba ad ogni proclama politico, SUA MAESTA’ LA BUROCRAZIA.

Il grillo da solo forse avrebbe potuto poco, ma insieme alla burocrazia e a chi la santifica, come evidentemente l’Assessore Sara Vito ancora nel 2017, può abbattere ogni velleità delle nostre imprese, con buona pace per l’economia e l’occupazione, l’importante è stiano sicuri i burocrati sulle loro poltrone e i grilli nelle loro zone industriali.

 

 

 

 

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Regione Fvg

Stagisti sopra i 45 anni, in aumento in FVG

Aumenta il numero degli stagisti anomali in FVG, dai dati ufficiali ben 154 risultano avere piu di 45 anni.

Difficile pensare che in questo non ci sia una sorta di cattivo utilizzo di tale istituto, nato ovviamente allo scopo di consentire di entrare nel mondo del lavoro a chi abbia appena finito il percorso di studi.

Aumenta insomma il gap tra chi si trova nel mondo del lavoro e tutto sommato mantiene alcune forme di tutela e chi invece deve ancora farne ingresso e deve accontentarsi di qualsiasi cosa, come chi ammette di aver consapevolmente accettato un lavoro mascherato da stage per soli 2,5 euro ad ora.

Riportiamo qui un articolo sul tema, pubblicato dal Messaggero Veneto il 21 febbraio 2017.

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Industria FVG, la ripresa rallenta ancora

I dati 2016 forniti dalla Confindustria regionale in merito allo stato delle industrie del Friuli Venezia Giulia forniscono elementi negativi, specie per quanto riguarda gli ultimi trimestri del 2016. La ripresa appena accennata sta rallentando?

Si riporta qui un articolo pubblicato dal Messaggero Veneto, inerente i dati illustrati dal presidente Confindustria FVG Giuseppe Bono

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