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Italia

Giuseppe Conte, il giorno dell’Arroganza

Dopo mesi di disciplinato anonimato, Giuseppe Conte ha vissuto infine il suo giorno da protagonista.

 

Tutti hanno ascoltato il discorso di dimissioni e secondo i sondaggi, la sua popolarità ha avuto persino una piccola impennata.

 

Un interessante articolo di Gianfranco Moretton, pubblicato sull’omonimo blog, analizza invece il commiato dell’ormai ex Presidente del Consiglio vedendolo come la recita di un’opera di pura arroganza, divisa in tre atti.

 

Il primo atto, secondo Moretton, è la parte in cui Conte rimprovera Salvini, usando il tono che un professorino riserverebbe ad un alunno incorreggibile.

 

Con il secondo atto emerge in modo più chiaro l’arroganza, infatti Conte parla di se stesso in terza persona, usando tra l’altro il nome istituzionale del ruolo che (sulla carta) ricopriva, rimarcando quanto Salvini avesse mancato di rispetto alla figura del Presidente del Consiglio.

 

L’arroganza raggiunge poi l’apice durante il terzo atto, in cui Conte proietta se stesso nel futuro, presentando il programma che seguirà il suo nuovo governo, ormai convinto evidentemente di essere lo statista di cui il Paese ha improvvisamente scoperto di avere bisogno.

 

In conclusione Moretton richiama argutamente un fatto storico, trovando un parallelismo inqueitante:

  Forse il paragone è irriverente (nei confronti dei Savoia) ma è stato inevitabile pensare, guardando quel trono dal quale Conte ha poi pronunciato il suo roboante discorso sulle Istituzioni, alla fuga del Re e della sua corte da Roma al precipitare della guerra. Ci viene in mente per definire la statura politica di questo premier una sola delle tante citazioni fatte nei discorsi e ci dispiace di citarne solo una violando la par condicio: Salvini ha ricordato il pensiero pronunciato da Don Abbondio raggiunto dai bravi: “il coraggio , se uno non ce l’ha, non se lo può dare”. Appunto.

 

Clicca qui per leggere l’articolo di Gianfranco Moretton

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europe flags rettangolo
Italia / Le frecce di Robin Ud

Italia vs Europa, dopo gli insulti si passa ai fatti?

Le schermaglie tra l’Europa e l’Italia continuano a crescere di livello e tensione.

 

PAROLACCE LUSSEMBURGHESI, APLOMB SALVINIANO

“Merde alore…” è stata l’inelegante chiusura di Jean Asselborn, ministro del Lussemburgo, al termine di un duro confronto con Salvini avvenuto a Vienna davanti a telecamere e giornalisti. Asselborn dopo aver rinfacciato a Salvini di aver dimenticato quando erano gli italiani ad immigrare in Lussemburgo, ha gettato sul tavolo il proprio microfono e ha concluso con l’espressione francese che equivale ad un nostrano “e che cXXX”.

Asselborn punta il dito contro Salvini. Clicca sulla foto per vedere il video

Asselborn punta il dito contro Salvini. Clicca sulla foto per vedere il video

 

Salvini ha invece proseguito mantenendo un atteggiamento decisamente più “nordico” del collega e non si è scomposto affatto. I leghisti sul web hanno salutato la vittoria della calma e della ragione del loro capo, i suoi nemici hanno considerato l’episodio una figuraccia per l’Italia.

Di certo il fatto è un segnale del diffuso malcontento europeo nei confronti dell’Italia, altrimenti una simile esagerazione da parte del “signor” Asselborn non ci sarebbe stata o sarebbe stata molto più pesantemente criticata.

 

Asselborn con la sua piazzata ha inoltre appuntato un’altra medaglia al petto di Salvini, dopo quella costituita dall’indagine siciliana, perché pochi come il nostro ministro sono bravi nel valorizzare a proprio favore un attacco frontale. Lo stesso era successo anche con le pesanti critiche sollevate all’Italia dal francese Pierre Moscovici il commissario all’Economia dell’Unione europea, che la scorsa settimana aveva avuto per l’Italia parole durissime, definendola “un problema per la zona dell’euro” e che riferendosi a Matteo Salvini e ai sovranisti  aveva aggiunto che “Nella nuova Europa sovranista non c’è un Hitler ma tanti piccoli Mussolini”.

 

MOSCOVICI E ASSELBORN FANNO IL GIOCO DEGLI ANTIEUROPEISTI

A livello politico, queste esternazioni sono controproducenti poiché molto utili ai sovranisti per fomentare il senso anti europeo, come ha sottolineato Enrico Mentana sui propri profili social; il direttore del TG7 in merito alle frasi di Pierre Moscovici ha infatti postato: mentana

Da quando  ai membri della commissione di Bruxelles si dà il diritto di emettere giudizi da bar sul governo dei singoli stati membri? E che credibilità politica ha un commissario […] che se la prende con forze che – piaccia o no – conquistano spazio in tutte le nazioni europee attraverso il libero voto?”[…] C’è da mettersi le mani nei capelli quando si vede che i migliori testimonial della propaganda anti-Ue sono proprio quelli che dovrebbero governare l’Unione

Anche il punto di vista di un pensatore di ben altro orientamento come Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, su questo tema è simile a quello del collega televisivo.

 

IL MONITO DI MARIO DRAGHI 

Sallusti va oltre, perché riconosce nelle cadute di stile del francese Moscovici e nelle parolacce del lussemburghese Asselborn, la rappresentazione di un sentimento ostile da parte dell’Europa nei confronti dell’Italia, e considera tali atti come idonei solo a gettare benzina sul fuoco della bagarre politica tra europeisti e sovranisti. Ben più pericolosa per Sallusti è invece la dichiarazione fatta di recente da un italiano che, in seno alla Ue, più di ogni altro ha agito a favore dell’Italia, ovvero Mario Draghi. In merito alle continue intemperanze contro l’Europa espresse del governo di Di Maio e Salvini, Draghi ha infatti espresso un sottile ma severo monito: “Fino ad ora in Italia danni con le parole, aspettiamo i fatti”.

 

Sallusti ritiene che delle parole di Draghi ci se debba preoccupare davvero perché non provengono da personaggi ostili al nostro Paese ma anzi da uno dei suoi migliori amici. sallusti

Scrive infatti Sallusti :

Draghi è uno che parla poco e mai a caso. Se ha usato parole così forti e inedite significa solo una cosa. Cioè sa che in Europa hanno posato il dito sul bottone che può fare esplodere l’Italia e lui non è più in grado di difenderci come in passato. La sua non è una minaccia ma un ultimo, quasi affettuoso appello a fermarsi prima che sia troppo tardi

(clicca qui per leggere l’editoriale di Sallusti su Il Giornale)

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euro e promos
Regione Fvg

Pd e Mdp contro Bini e la Euro&Promos, che tempismo!

Due recenti notizie apparse sulle cronache locali friulane portano alla ribalta la Euro&Promos, la società, recentemente trasformata in cooperativa per azioni,  presieduta da Sergio Bini, che è stata attaccata contemporaneamente su più fronti proprio dopo l’entrata in politica di Bini.

Il partito Mdp si è accanito contro la Euro&Promos prima con l’attacco in Consiglio Regionale da parte di Mauro Travanut, poi con il senatore Caro Pegorer, che ha depositato nientemeno che un’interrogazione al Ministro dello Sviluppo Economico, insinuando che il recente passaggio da cooperativa a impresa lucrativa possa aver avuto uno scopo elusivo e chiedendo dunque che venga verificato che siano stati effettuati tutti i controlli in tema di vigilanza sugli enti cooperativi.

Di minore rilevanza, ma altrettanto diretto, è stato invece l’attacco del Pd in Consiglio Comunale a Fiume Veneto, il cui capogruppo Padoani ha accusato il sindaco Vaccher (vicino al movimento ProgettoFVG di Sergio Bini) di aver affidato un incarico per 10 mila euro alla Euro&Promos, per un servizio inerente un’iniziativa a favore degli anziani della cittadina del pordenonese.

Carlo Pegorer, MDP

Carlo Pegorer, MDP

Senza entrare nel merito delle questioni contestate, pare veramente difficile pensare che sia casuale un  tale accanimento dei due partiti di sinistra contro la società presieduta da Sergio Bini, dimostrando ancora una volta che la faziosità e l’attacco personale al rivale rimanga sempre una delle tecniche della politica, sia a livello locale che nazionale.

Occorre tristemente constatare che la sostanza non conta nulla, mentre il motivo delle prese di posizione di certi politici è l’appartenenza o meno ad una determinata fazione, nient’altro.

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trami milano faraone
Italia

Le FS entrano nel Trasporto Pubblico locale a Milano e Roma

Ferrovie di Stato ha annunciato l’acquisizione di una quota della metro 5 di Milano e la volontà di partecipare all’eventuale gara per il trasporto pubblico locale a Roma.

Il Gruppo FS ha rilevato una quota del 36,7% di M5 da Astaldi per 64,5 milioni di euro.

Con l’ingresso di Fs cambia l’azionariato di M5: Astaldi scende dal 38,7 al 2%, mentre gli altri soci restano con le rispettive quote: Ansaldo Sts al 24,6%, Atm al 20%, Alstom al 9,4% e Hitachi Rail Italy al 7,6%. «Non abbiamo discusso di quote con loro – ha detto l’ad di FS Italiane, Renato Mazzoncini – perché la priorità sarà dare capitale nuovo a M5, sicuramente servirà un aumento per svilupparla» fuori città verso Monza e Settimo Milanese. Ad Atm (100% Comune di Milano) Mazzoncini intende solo affiancarsi, in quanto «è il miglior gestore di linee metropolitane in Italia e non vogliamo sostituirci ad essa». «Entriamo nel capitale di M5 – ha precisato – come realizzatori dell’infrastruttura, valutando altre possibilità di sviluppo per Milano». Secondo Mazzoncini, che ragiona in termini di gare europee per il Tpl, «Milano è un territorio appetibile per tutti i competitori europei», quindi «il problema di Atm non sarà difendersi da Fs ma da loro».

Quanto a M5, con i suoi 40 milioni di passeggeri l’anno trasportati, «sta già performando molto bene» ha detto Mazzoncini, aggiungendo che ora il problema è solo «individuare le risorse pubbliche necessarie» per il prolungamento e di farlo partire.

Fs intende poi partecipare alla gara europea per il trasporto pubblico locale di Roma. In merito Mazzoncini ha sottolineato che «a Roma già collaboriamo con Atac» con il biglietto comune ‘Metrebus’ valido anche sui treni e «moltissimi clienti Atac sono già clienti nostri anche oggi».

Mazzoncini ha evidenziato che «Roma ha un’assoluta necessità di mettere a gara i servizi, la situazione è molto critica, certamente parteciperemo alla gara».

Su queste operazioni alcuni osservatori, come ad esempio Oscar Giannino, che si è espresso in tal senso attraverso i suoi social, vedono però la pericolosa tendenza dello Stato a entrare nel campo del Trasporto Pubblico Locale con lo scopo probabilmente di eliminare la concorrenza privata in questo importante settore.

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soldi-bruciati
Italia

I risarcimenti ai soci della Popolare Vicenza non sono da tassare

Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta è intervenuto sulla polemica nata dalla diffusione della notizia che secondo dell’Agenzia delle Entrate, i risarcimenti ai soci liquidati dalla Banca Popolare di Vicenza a parziale risarcimento delle perdite sarebbero stati da tassare come redditi diversi.

 

Baretta, interpellato in merito, ha affermato tassativamente che nè l’Agenzia delle Entrate centrale di Roma nè la direzione veneta hanno mai rilasciato questo tipo di parere e che dunque nel caso della banca vicentina, come del resto in quelli della Banca Veneto e Banca Etruria e simili, i rimborsi parziali sono da considerarsi ininfluenti sul reddito dei beneficiari.

 

In effetti il provvedimento citato dai giornali (interpello 907-65 del 2017) non risulta ad oggi (24 maggio) pubblicato sull’aggiornatissimo sito web dell’Agenzia delle Entrate che pure pubblica una risoluzione avente la data odierna.

 

Dunque non è chiaro se la notizia pubblicata dai giornali lo scorso 21 maggio 2017 (clicca qui per consultare l’articolo apparso sul Messaggero Veneto) sia stata una classica bufala o se ci sia stato un immediato dietrofront dell’Agenzia delle Entrate in seguito all’interessamento del Ministero.

 

Il risarcimento parziale ha interessato 66.712 soci della Banca Popolare di Vicenza, i quali hanno aderito ad una proposta transattiva e acconsentito, in cambio di un rimborso quantificato in euro 9 per ogni azione posseduta, a rinunciare ad ogni ulteriore azione legale o pretesa.

 

Dal momento che la gran parte dei soci aveva in carico le azioni a cifre ben superiori (sino a 62 euro ad azioni) sarebbe stato illogico che il rimborso ottenuto ad un valore di euro 9 per azione invece di generare una minusvalenza potesse addirittura portare a formare reddito tassabile.

 

 

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