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Semplificazione. La riforma gratuita che nessuno riesce a fare

La semplificazione viene sempre promessa ma continua a non essere mantenuta.

Esistono decine di esempi di cosiddette semplificazioni che poi nei fatti sono nuove complicazioni.

L’esempio italiano più tremendo della complicazione burocratica è il Codice degli Appalti, che ha provocato tanti e tali difficoltà da bloccare letteralmente centinaia di progetti, senza invece riuscire a intaccare la corruzione criminale.

La ragione è sempre la stessa, la mentalità burocratica, ovvero l’idea che la produzione di carte e attestati possa rendere pulita la procedura. In realtà avviene il contrario, la burocrazia ostacola gli onesti e lascia ancor più spazio a i disonesti, i quali si rivolgono a professionisti specializzati nel far scorrere le procedure.

Lo ha ricordato il vice direttore del Corriere della Sera Daniele Manca, nel suo editoriale non a caso intitolato “non se ne parla ma semplificare è la vera riforma” di cui riportiamo qualche condivisibile passaggio:

L’Italia, dopo aver promulgato una cervellotica normativa in materia di appalti, non riesce a uscirne. È uno dei tanti esempi di come nel nostro Paese non si comprenda che la competitività non è questione aziendale, o perlomeno non solo. Anzi, le imprese per capacità di concorrere e competere con i loro pari nel mondo, hanno fatto passi da gigante. […] Tra fondi di coesione e fondi europei, abbiamo qualcosa come 122 miliardi a disposizione. Fermi. I colli di bottiglia sono quelli ampiamente noti: conflitti di competenza, un carico di norme eccessive, burocrazia e burocrati ostili agli investimenti. Ma di questo non si può che biasimare la politica e l’amministrazione che non riescono a sciogliere i meccanismi di funzionamento dello Stato alla continua ricerca di alibi per non affrontare la vera riforma alla base di tutte le altre: semplificare la vita a imprese e cittadini.

Daniele Manca giustamente ricorda anche come la Germania e persino la Gran Bretagna, sugli appalti abbiano applicato senza modifiche le direttive in Europee in materia e che basterebbe semplicemente fare come loro. L’Italia non lo ha fatto e si trova ora nella paradossale situazione di dover preoccuparsi di produrre norme ad hoc per sbloccare alcuni cantieri o appalti che sono rimasti arenati, schiacciati dalla cervellotica legislazione creata dall’eccesso di burocrazia.

Non semplificare è un vero delitto, e non ci sono scuse: a differenza di quasi tutte le altre riforme è a costo zero.

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italia e grcia
Italia

Squilibri eccessivi: Italia a rischio come Cipro e Grecia

Il Country Report della Commissione Ue è impietoso: dati gli squilibri eccessivi, l’Italia rientra tra i paesi a maggior rischio strutturale. Così in pericolo tra i 28 stati europei ci sono solo Cipro e Grecia.

 

Gli investimenti sono fermi mentre le riforme “quota 100” e “reddito di cittadinanza” avranno un impatto irrilevante su occupazione e crescita ma peseranno sui conti pubblici.

Nel lungo documento che analizza le criticità dell’economia italiana, la Commissione evidenzia ancora il debito pubblico, come già negli ultimi cinque anni, rimarcando che la situazione non sta cambiando in meglio, anzi: gli interventi del Governo daranno una spinta molto limitata alla crescita, e potrebbero invece far aumentare il debito e il deficit, peggiorando il saldo strutturale compromettendo la situazione dei conti pubblici.

 

Andando nel dettaglio: la misura più contestata dal documento è quella della “quota 100”.

La Commissione dubita che tutti coloro che lasceranno il lavoro saranno rimpiazzati, come auspicato dai tecnici del governo, mentre è certa la crescita del deficit strutturale dovuta alla correzione della Legge Fornero.

Meno duro è invece il giudizio di bocciatura sul reddito di cittadinanza. La Commissione lascia aperta la sua valutazione limitandosi a commentare che l’intervento avrà un impatto sulla crescita dei consumi non superiore allo 0,15% su base annua, inferiore quindi a quanto auspicato.

 

Molto preoccupante invece è l’andamento degli investimenti, segnalato in discesa sia per quelli nazionali che per quelli provenienti dall’estero. In più, fa notare il report, non pare che nell’agenda del Governo siano previste azioni che puntino ad una inversione del trend.

Nel rapporto vengono poi anche ribaditi i problemi storici italiani: la lentezza del sistema giudiziario, la debolezza del sistema bancario, l’inefficienza della pubblica amministrazione e il complicato accesso al credito.

 

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mario draghi
Italia

Draghi: “Stampare moneta per finanziare il debito non funziona”

Mario Draghi, ricevendo un PhD honoris causa alla Normale di Pisa, ha parlato dell’Euro e della Lira, ricordando ai nostalgici della moneta nazionale i problemi che questa aveva creato e sottolineando soprattutto che la rimpianta “età dell’oro” degli anni 80 fu di fatto ottenuta a carico delle generazioni future che ora ne stanno pagando le conseguenze. Ecco la sintesi del suo discorso.

 

Dal varo del sistema monetario europeo la lira fu svalutata sette volte, eppure la crescita della produttività fu inferiore a quella dell’euro a 12, la crescita del prodotto pressappoco la stessa, il tasso di occupazione ristagnò. Allo stesso tempo  l’inflazione toccò cumulativamente il 223% contro il 126% dell’area euro a 12.

Alcuni paesi persero sia i benefici della flessibilità dei cambi che la sovranità della loro politica monetaria. I costi sociali furono altissimi, innescando un processo che si concluse con le crisi valutarie del ’92-’93

La possibilità di stampare moneta per finanziare il deficit non è stata usata neanche dai Paesi che fanno parte del mercato unico  ma non sono parte dell’euro.  Prima dell’euro le decisioni rilevanti di politica monetaria erano prese in Germania mentre oggi sono partecipate da tutti.

La storia italiana dimostra che il finanziamento monetario del debito pubblico non ha prodotto benefici nel lungo termine. Nei periodi in cui fu estensivamente praticato, come negli anni 70, il Paese dovette ricorrere ripetutamente alla svalutazione per mantenere un ritmo di crescita simile a quello degli altri partner europei; l’inflazione divenne insostenibile e il caro vita colpì i più vulnerabili.

La crescita degli anni 80 fu presa a prestito dal futuro, cioè grazie al debito lasciato sulle spalle delle future generazioni. La bassa crescita italiana è un fenomeno che ha inizio molti molti anni prima della nascita dell’euro, si tratta chiaramente di quello che noi chiamiamo un problema di offerta.

In vari Paesi i benefici che ci si attendevano dall’Unione monetaria non si sono ancora realizzati con la cultura della stabilità che avrebbe portato l’Unione economica e monetaria. Ma non era pensabile che a quei benefici si arrivasse solo dall’unione monetaria, occorreva e occorre fare di più per conseguire più crescita e occupazione.

Per porre i Paesi dell’euro al riparo dalle crisi occorre procedere quanto meno sul completamento dell’unione bancaria o su quello del bilancio comune con funzioni anti-crisi.  ma l’inazione su entrambi i fronti è inaccettabile, accentua la fragilità del’unione monetaria proprio nei momenti di crisi e dunque la divergenza aumenta.

Nel resto del mondo il fascino di ricette e regimi illiberali si diffonde, a piccoli passi si rientra nella storia. E’ per questo che il nostro progetto europeo è oggi ancora più importante. E’ solo continuandone il progresso, liberandosi le energie individuali ma anche privilegiando l’ equità sociale che lo salveremo attraverso le nostre democrazie ma nell’unità di intenti.

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gillet gialli grande
Italia

I gillet gialli e il circolo vizioso dell’Occidente

Le proteste dei gillet francesi dimostrano che l’Occidente tutto, non solo l’Italia, si trovano in un circolo vizioso che porterà alla distruzione del sistema democratico fondato su lavoro, progresso e meritocrazia, andando verso una sorta di peronismo sudamericano e verso una diffusa povertà.

Si tratta dell’amara conclusione della riflessione dell’economista Massimo Fontana, che analizza la situazione partendo proprio dalla “vittoria” dei gillet gialli francesi, la cui protesta è nata dopo gli aumenti del carburante decisi dal governo di Macron.

Una protesta talmente dura e violenta da costringere almeno parzialmente il presidente francese a fare marcia indietro, proclamando una moratoria di sei mesi sull’aumento del carburante.

Una protesta però difficilmente caratterizzabile.
Sia l’estrema destra che l’estrema sinistra ci hanno provato, ma senza riuscirci, anche se leggendo la bozza di programma che secondo i giornali proverrebbe da quel movimento (non troppo credibile a dirla tutta, proprio per la sua natura non organizzata), quello che notiamo è la preponderanza di tutte le idee più demagogiche e strampalate che circolano soprattutto nella sinistra estrema orfana ormai inconsolabile del comunismo sovietico.
Strampalate e demagogiche, ma anche poco informate: vedere in proposito alla voce promozione auto ad idrogeno in quanto realmente pulita invece di quella elettrica.
E qui vengono fuori in tutta la loro drammaticità i danni nell’opinione pubblica fatti da personaggi quali Jeremy Rifkin.

Comunque, alla situazione francese si unisce anche l’elezione regionale in Spagna, che per la prima volta dal crollo del franchismo, ha portato nel consiglio regionale 12 consiglieri espressione di un partito di estrema destra nazionalista, nostalgico del franchismo, anti-immigrazione e antifemminista.
Se infine allarghiamo la visione al resto d’occidente e agli ultimi anni non possiamo non notare un enorme sommovimento politico in quasi tutte le nazioni occidentali.
Gli elettori di tutto il mondo stanno in pratica urlando un sonoro vaffanc..o a tutte le classi dirigenti del pianeta.
Da cosa è dovuto tutto questo?

Secondo l’interpretazione più in voga, peraltro proprio tra quelle stesse elite che il popolo sta mandando a quel paese, vi è come spiegazione principale l’aumento delle disuguaglianze.
Ora, se le ricerche di economisti quali Piketty ci dicono che effettivamente le disuguaglianze sono aumentate, ci dicono anche che:
1) tranne in parte gli Usa, le disuguaglianze non sono al livello massimo della storia
2) anche lo fossero, i margini di ridistribuzione tramite l’uso attivo della leva fiscale sono bassissimi.
Non a caso lo stesso Piketty alla fine si attacca a due soli provvedimenti, ovvero un aumento della tassazione personale all’80% e un aumento della tassazione patrimoniale sull’eredità.
Considerando però che proprio la Francia ha sperimentato come una tassazione personale a simili livelli sia un completo fiasco, e che in quasi tutti i paesi occidentali la tassazione ereditaria è già molto elevata, margini per intervenire realmente sulla disuguaglianza tramite nuove tasse non ce ne sono.
A meno di non voler uccidere l’economia.
3) senza contare infine che l’unica grossa riduzione delle disuguaglianze nella storia dell’umanità si è avuta nel periodo 1914-1945, ma non per eventuali politiche redistributive, ma per la distruzione del capitale in quella che si può considerare la lunga guerra civile dell’europa.
Strada questa non propriamente da consigliare.

gillet gialli piccola

 

 

LE CAUSE DELLE RIBELLIONI AL SISTEMA

Scartato l’eccesso di diseguaglianza tra le cause reali del moto di ribellione anti sistema che si sta diffondendo in gran parte del mondo Occidentale (per quanto sul tema altri pensatori come Michele Boldrin dissentano  vedi infatti precedente articolo su RobinUd), Fontana individua almeno tre fattori determinanti: l’eccesso di statalismo con relativo accrescimento delle aspettative del cittadino nei confronti dello Stato, la crisi finanziaria dovuta alla bancarotta Lehman, infine l’espansione oltre misura del fenomeno migratorio.

La prima (causa) è la principale ed è dovuta all’intreccio perverso tra il sovraccarico di competenze statali unito all’altrettanto sovraccarico di aspettative dell’elettore.
In sostanza, dal dopoguerra ad oggi, le competenze degli stati sono enormemente aumentate e con loro le condizioni di vita dei cittadini.
Condizioni di vita che fino agli anni ’80 crescevano ad un tasso più o meno doppio di quello degli ultimi 25 anni.
Ma condizioni di vita sempre migliori hanno portato la popolazione ad aumentare in modo esponenziale le proprie aspettative di vita (inteso come capacità di aumentare le proprie condizioni materiali), ben oltre le possibilità reali di crescita ordinaria di un sistema economico.
Detto banalmente: il cittadino occidentale era abituato a crescere al ritmo del 3% annuo, mentre oggi viaggia all’1,5.
Se ci aggiungiamo il fatto che lo stato ha raggiunto il limite massimo di competenze gestibili in modo efficiente (l’Italia di sicuro, meno per gli Usa e l’UK) , ecco che ci troviamo nella situazione in cui l’elettore medio ha aspettative di vita tali che di fatto nessun governo razionale può promettere.
E questo perchè riassumendo:
1) il tasso di crescita dell’occidente avanzato per ragioni demografiche e tecnologiche è fermo all’1,5%
2) lo stato non può più fare niente di utile in quanto è ormai talmente grande che ogni suo ulteriore intervento pesante, ridurrebbe l’efficienza del sistema economico, rallentando ancora di più la crescita.

Come detto, in questo contesto, i partiti tradizionali di governo, consci di questo problema sono di fatto bloccati nella loro azione di governo.
A chi si rivolge allora l’elettorato con ancora le aspettative di 30 anni fa?
Ai vari populismi, che della razionalità, soprattutto economica, se ne fregano .

In tutto questo si aggiunge però una seconda causa, che in realtà si divide in due e sono contingenti al particolare momento storico che viviamo:
– la crisi economica post Lehman
– la crisi migratoria dei rifugiati.

E qui la cosa si complica ulteriormente, perché in un mondo di aspettative crescenti ma irreali, arriva una crisi economica bancaria, quindi la crisi peggiore e pesante che possa esistere, la quale fa più o meno ristagnare il reddito per anni.
E buon ultimo in questo contesto si riversa una massa di milioni di diseredati in cerca di lavoro.
In simile situazione, con reddito fisso o quasi, ma col numero di persone che devono spartirselo che aumenta, la gestione dei flussi migratori diventa chiaramente una sorta di lotta “marxista” al reddito, ovvero un aumento per uno è una diminuzione per l’altro.

 

IL CIRCOLO VIZIOSO

L’analisi di Fontana conduce però ad una conclusione ancora più negativa, poiché uscire da questo circolo vizioso pare impossibile, se non in peggio, ovvero sconfinando verso un modello simile al peronismo sudamericano. Cosa si può fare quindi, secondo Fontana?

Poco perchè l’elettore arrabbiato e dalle aspettative irreali è ingestibile.
Poco perchè di fatto c’è solo una opzione da percorrere: la riduzione del gap di aspettative e l’aumento della crescita della produttività (sola che può aumentare i redditi).
Ma infine, tanto, perchè implementare le politiche necessarie a raggiungere tale obiettivo richiede riforme che attualmente gli elettori semplicemente non vogliono .
Ergo : l’occidente è in un circolo vizioso.
Circolo vizioso che se prima o poi non verrà interrotto dagli elettori stessi riportando il consenso verso politiche o liberiste o ordoliberiste (socialdemocrazia), potrebbe trasformare l’occidente in quella che è la sua versione populista, ovvero il sudamerica peronista.
Realizzando in quest’ultimo caso la profezia del Schumpeter del 1942. (clicca qui per una spiegazione della teoria di Shumpeter sul sito dell’Istituto Bruno Leoni)

Alla fine risolverà ogni problema la dura realtà (o meglio Darwin), ma ci vorrà tempo.
Tanto , tanto, tanto, tanto tempo .
Nel mentre……. si salvi chi può.

 

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MICHELE BOLDRIN  FEDEA
Italia

Incompetenti, irresponsabili, fascisti: Boldrin sul governo

Michele Boldrin ha un giudizio lapidario sul governo e anzi sulla maggioranza parlamentare italiana attuale.

La cosa peggiore, secondo il professore è che i tre concetti chiave con cui riassumere l’azione di governo, incompetenza, irresponsabilità e fascismo, appartengono non solo alla politica ma accomunano una parte troppo grande della popolazione italiana.

Boldrini, intervistato da theWise, pesta durissimo su Salvini, sul sovranismo e sul populismo, che vede come fenomeni molto più italiani di quanto non si voglia pensare e che, legati ad un’oggettiva situazione di difficoltà economica e sociale, muovono un progressivo collasso sociale, lento e quindi non facilmente visibile, ma inesorabile.

 

IL CONSENSO DEL GOVERNO

Sulla capacità del Governo di catturare consensi, Michele Boldrin richiama il peso degli ultimi disgraziati decenni della politica italiana:

Li aiuta la cultura italiana, spesso caratterizzata da un forte sentimento di “irresponsabilità”. In questo momento storico il Paese è in una fase di “arroganza nazionalista” in cui non vuole ammettere a sé stesso di aver lasciato le redini del governo a persone pessime per trent’anni […]  Su questo Grillo e Salvini hanno costruito le loro fortune: “la colpa è loro, del malgoverno: noi siamo il buon governo”. Di conseguenza il popolo italiano oggi vuole che qualcuno, magicamente, faccia ripartire l’Italia senza compiere alcuno sforzo. Questo governo è un eccellente venditore di fiabe, e ciò (date le premesse di cui sopra) spiega molto il suo consenso: l’unico modo per uscirne è lasciarli fare in modo che poi, forse, parte degli italiani si renda conto di aver preso un gigantesco granchio! Salvini è dedito solo a spandere odio contro gli immigrati e gli altri paesi europei, mentre partecipa a feste e festicciole; quegli altri invece sono degli scappati di casa che non sanno né leggere né scrivere e si sono trovati a fare i Ministri della Repubblica per puro caso. Metà del popolo italiano che vota vuole tutto questo, l’altra metà osserva strabiliata e politicamente impotente, incapace a muoversi: io stesso mi ritengo colpevole di ignavia e di omissione di soccorso”

IL FENOMENO SOVRANISTA E LA QUESTIONE DEL NORD DI CUI NON SI PARLA PIU’

Il diffondersi trionfante dei sovranisti viene visto da Boldrin come un fenomeno foriero di danni enormi a medio e lungo termine:

“La follia dei populismi nazionalisti è che sono peculiari di ogni piccolo paesetto e il loro filo conduttore è che “gli stronzi sono sempre quelli accanto”: i populismi ungherese, austriaco, tedesco sono assolutamente contrari a ogni concessione all’Italia! È recente la firma da parte di questi Paesi di una mozione che chiede ancora maggior rigore all’Europa rispetto alle richieste italiane: il rischio vero di questi populismi è in realtà quello di mettere uno Stato contro l’altro. A dirla tutta, l’atteggiamento della Commissione è stato compromissorio ed elastico, per niente rigido come questo governo vorrebbe far credere. […]. La politica delle continue concessioni non porta ad alcun risultato, crea soltanto incentivi per i mascalzoni: chi si piega ai violenti finisce con il “bivacco di manipoli”… I liberali italiani lo fecero negli anni Venti, non va ripetuto lo stesso errore: occorre che i populisti violenti mangino la loro stessa minestra. L’unico Governo italiano che si è comportato in modo economicamente corretto in relazione alle circostanze è stato il Governo Ciampi, mentre durante il governo Monti han fatto cose utili e coraggiose praticamente solo Elsa Fornero e Corrado Passera. Purtroppo, il problema vero risiede nel comportamento dei media nazionali e nella cultura italiana, consolidata su una visione del mondo del tutto irrealistica: trovo sorprendente che esista un grande numero di italiani, soprattutto al Nord, che continua a pagare per tutti e a farsi abbindolare. L’elettorato del Nord che continua a votare Lega deve essere fatto da dei pavidi tonti, visto che continua a farsi fregare per ragioni che mi sono del tutto oscure… Sono decenni che i politici della Lega fan discorsi roboanti e concludono niente. Bossi e soci andarono a Roma a farsi gli affari loro: al tempo ero consigliere economico di Pagliarini e scappai appena mi resi conto di quali fossero le loro reali intenzioni! Se gli elettori storici della Lega, che magari sono anche persone intelligenti e con ottime intenzioni, dopo 25 anni non si sono ancora resi conto di essere stati presi in giro, beh, allora vuol dire che vogliono farsi del male!»

IL POPULISMO, UN PROBLEMA ITALIANO E NON GENERALE

Il professor Boldrin contesta la tesi secondo cui il populismo è una tendenza internazionale e spiccatamente europea, sottolineandone la gravità soprattutto in Italia:  boldrin

Non esiste una crescita populista in Europa: in Spagna non esiste, la Le Pen è stata distrutta in Francia, la AfD ha metà dei voti dei Verdi in Baviera, quindi è in realtà un fenomeno tutto italiano! In alcuni altri Paesi esiste una crescita di partiti “nazionalisti”, partiti anti-italiani che crescono perché in quei Paesi non hanno nessuna intenzione di pagare il debito italiano e greco (ma prevalentemente si parla del debito italiano, perché è nettamente maggiore). Basterebbe leggere cosa scrivono i giornali di quei Paesi (Germania, Polonia, Austria e tanti altri) per capirlo: non c’è un rischio di deriva populista in Europa, quanto piuttosto il pericolo di una disintegrazione nazionalista. […] I pentastellati sono una banda di avventurieri che corrono dietro a cialtroni che raccontano della luna nel pozzo, mentre il nucleo dei fedeli a Salvini sembra essere composto da razzisti che fan di tutto per portare acqua al mulino di Putin: giocano per far saltare l’Unione Europea attraverso messaggi ambigui, nazionalisti e razzisti. Questa è la realtà, il resto sono stupidaggini inventate da un sistema mediatico asservito e ignorante: il cuore dei Paesi europei, dalla Francia alla Polonia, sta cercando di costruire una “cortina sanitaria” che possa limitare i danni potenziali creati dal duo populista italiano, anche perché tutti gli altri Paesi europei sono molto contenti di stare dentro l’Unione. Dire il contrario è una menzogna mediatica, e persino in Gran Bretagna si stanno pentendo della loro scelta: è un problema tutto italiano.

SALVINI, UN MIX DI COMUNISMO, FASCISMO, TIFO DA STADIO

Durissima la disamina di Boldrin sul leader emergente Salvini:

“La mia impressione è che Salvini si sia […] una persona molto cinica, che sale e scende dai taxi delle idee a seconda della loro convenienza, e credo che il sovranismo venga utilizzato tatticamente in questa fase perché molto vendibile, così come il falso proclama di uscire dall’Euro . […] La sua relazione con il regime di Putin è molto pericolosa, non credo molto ai complotti ma la loro affinità è evidente. Hanno un nemico comune, l’UE: Putin per mantenere la sua dittatura in Russia ha bisogno di indebolire l’Unione Europea e deve offrire ai russi (che hanno un fortissimo senso nazionalistico) un nemico da combattere per farli raccogliere dietro al capo, mentre Salvini usa l’Unione Europea in un modo molto simile come nemico per accumulare consenso in Italia. I due si sono semplicemente trovati su un terreno comune per darsi una mano, ma se questa sia una alleanza temporanea o a lungo termine francamente non lo so. […] Un vero Ministro degli Interni dovrebbe stare al Viminale dalla mattina alla sera a cercare di far funzionare le prefetture, le stazioni di Polizia, e invece non lo fa! Cosa voglia Salvini dal suo ruolo di governo non lo so, la mia impressione, estremamente soggettiva e personale, è che sia una persona frustrata che ha una concezione Leoncavallina della politica: fare casino e divertirsi. Che progetto di Paese potrà mai avere in testa? Cosa potrà mai proporre sulle scuole, le università, la viabilità, i treni, i ponti? Lui aggiunge all’ideologia casinista leoncavallina una parte di fascismo, e quello che viene fuori è un cocktail infernale che, in un Paese senza leadership pieno di giovani insoddisfatti, attecchisce perché permette di fare casino. Un fenomeno di questo tipo assomiglia tristemente alle bande di tifosi violenti di cui è invaso il calcio ma è molto piu’ esteso, coordinato e pericoloso…”

LA COLPA DELLE ELITE INTELLETTUALI ITALIANE

“«La colpa è delle élite storiche italiane, che pur avendo capacità intellettuali, cervello e potere hanno trattato i cittadini in maniera squallida per molti decenni lasciando tutto a degradarsi, costruendo sia questo livello mostruoso di insoddisfazione, sia rinfoltendo le fila di questa enorme massa di ignoranti che oggi va al voto. Salvini è l’alfiere di un fenomeno culturale, un sintomo della disgregazione dei valori e degli ideali che pervade un Paese in cui una parte sempre più consistente ormai vuole solo incazzarsi, fare le ronde e picchiare gli extracomunitari, oltre a evadere il fisco e fare debito pubblico. C’è una grande disgregazione nel Paese: come si fa a convincere una massa di delusi e frustrati, ignoranti di come funzioni il mondo, della validità di politiche di riforma? Con le riforme giuste in dieci anni saremmo fuori dalle secche, ma l’elettorato che vota M5S o Lega non ha nessuna voglia di aspettare: vuole tutto subito

IL DISASTRO PRESENTE E FUTURO

Non c’è ottimismo nella visione di Michele Boldrin, dati i gravi e concreti problemi economici, demografici, culturali e sociali che caratterizzato il Paese: “

Il collasso sociale è alle porte, ma non è facilmente visibile: è un lento processo carsico, uno smottamento che erode da sotto le strutture fondamentali del Paese. In una nazione in mano a vecchi mediocri, popolato da pochi giovani inferociti, è difficilissimo creare una rinnovata speranza nella crescita e nella responsabilità individuale. Ci vorrebbe una reazione socio-culturale profonda, ma chi avrebbe la possibilità di lanciarla (la borghesia italiana) non lo fa per paura e pusillanimità storica, quindi al momento non vedo un futuro roseo. Si dovrebbe procedere con un processo di integrazione serio degli immigrati e con drastiche riforme economiche, burocratiche e istituzionali per far restare qui i ragazzi meritevoli… Difficilmente i giovani preparati che non hanno qualche ricchezza sostanziale in Italia restano nei confini nazionali: se sei bravo scappi il prima possibile!»

«Dalla Rivoluzione Industriale in poi credo che siamo il primo Paese ad affrontare una fase di declino e involuzione così grave. Per esempio, la corruzione e il parassitismo in Grecia sono gravi ma sono caratteristiche che si erano già manifestate storicamente in quel Paese, che non aveva mai avuto infatti una grande crescita. Il Giappone sopperisce alla grave crisi demografica con una straordinaria solidità economica e una notevole quantità di eccellenze, testimoniata dalla presenza quasi annuale di almeno un premio Nobel nipponico. In Spagna ci sono tensioni sociali e ideologiche forti ma non esiste un tale qualunquismo-populista, così come reazioni fasciste e veementi contro l’immigrazione come in Italia, nonostante abbiano più migranti di noi. I problemi insomma esistono in giro per il mondo, ma noi siamo purtroppo gli unici ad averli quasi tutti assieme”

 

 

 

 

(clicca qui per leggere l’intervista integrale a Michele Boldrin su theWise)

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