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Mala Tempora

Sicilia: autorizzati 355 assessori in più nei comuni!

La Sicilia è da tempo la Regione più esosa d’Italia per il costo della politica, avendo i consiglieri regionali gli stipendi più alti e le maggiori rendite vitalizie. Almeno la Sicilia risparmiava qualcosa nei comuni, dove era il numero degli assessori era ridotto rispetto alla media nazionale. Ora non sarà più così: l’Assemblea Regionale ha appena deliberato la possibilità di incrementare la quantità di assessori comunali.

Di fatto nei prossimi mesi potrebbero essere nominati (e pagati) oltre 350 assessori comunali.

Anche il M5Stelle siciliano ha appoggiato la riforma e l’aumento degli assessori, come dichiarato apertamente dal leader regionale Cancellieri.

A Palermo al momento gli assessori sono 8, il sindaco Leoluca Orlando, grazie alla nuova norma, potrà portare il numero a 11; a Catania da 8 si arriverà a 10. Sono previsti 4 assessori per i comuni fino a 10mila abitanti; 5 tra 10 e 30mila abitanti; 7 tra 30 e 100mila; 9 tra 100 e 250 mila; 10 tra 250 e 500 mila; 11 sopra i 500mila abitanti.

«I comuni dovranno adeguare i propri statuti alle nuove disposizioni entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge oggi approvata – spiega Stefano Pellegrino, presidente della commissione Affari istituzionali – . Inoltre, è stato anche modificato con l’odierna legge il quorum dei votanti per l’elezione del sindaco dei comuni con popolazione fino a 15 mila abitanti: in caso di un solo candidato alla carica di sindaco, ai fini della validità dell’elezione per determinare il quorum dei votanti non sono computati gli elettori iscritti all’Anagrafe italiani residenti all’estero».

Non è invece passata la disposizione inizialmente prevista, che prevedeva la rappresentanza di genere, in misura non inferiore al 40 per cento. Con voto segreto, l’aula ha approvato un emendamento del M5s che ha soppresso la norma nonostante il Centrodestra l’avesse proposta.

Spese per i consiglieri regionali in base alla regioni (dati 2014)

Spese per i consiglieri regionali in base alla regioni

 

 

 

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Italia

Alitalia: 3 miliardi dallo Stato

EasyJet, Delta e le Ferrovie dello Stato sono ufficialmente in trattativa per costituire il consorzio che potrebbe rilevare l’Alitalia, che attualmente sopravvive solo grazie al prestito di 900 milioni erogato dal Governo italiano nel 2017.

 

Il Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie dello Stato ha dunque dato il via libera all’avvio della trattativa, con il benestare del Governo che già si era dichiarato disposto a intervenire a sua volta in aiuto, purché tra il consorzio di salvataggio fosse guidato da un partner italiano.

 

Mancando soggetti italiani interessati all’affare ed essendo quasi al termine le risorse di Alitalia, che nel frattempo ha quasi bruciato i 900 milioni del famoso prestito-ponte, lo stallo pare essersi risolto grazie alle Ferrovie dello Stato.

 

Il problema più grave è che, come riportato dalla stampa specializzata (vedi ad esempio articolo di Bloomberg), esistono almeno 3 miliardi di debiti che nessuno vuole accollarsi. L’intervento di EasyJet e Delta (e di Ferrovie dello Stato), prevede infatti che l’enorme cifra di debiti accumulati dalla nostra compagnia di bandiera vengano scorporati con la creazione di una Bad Company di cui ovviamente si farà carico la Repubblica Italiana. In sostanza i 3 miliardi verranno pagati dai contribuenti.

 

La compagnia inglese EasyJet ha confermato il proprio interesse

La compagnia inglese EasyJet ha confermato il proprio interesse

Il Governo ha confermato la propria disponibilità a fare la propria parte, infatti la Presidenza del Consiglio ha diramato la seguente nota: “Si è concluso un vertice a Palazzo Chigi alla presenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, del vicepresidente Luigi Di Maio e del ministro dell’Economia Giovanni Tria, all’esito del quale si è convenuta la disponibilità del governo di partecipare alla costituzione della Nuova Alitalia, tramite il Mef, a condizione della sostenibilità del piano industriale e in conformità con la normativa europea”

 

Il sogno industriale di cui parlava Di Maio, di unire il trasporto ferroviario a quello aereo, potrebbe dunque divenire realtà. A carissimo prezzo per i cittadini italiani, ovviamente.

 

 

 

 

 

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peperone
Mala Tempora / Italia

20 mila netti al mese, il dipendente comunale con la pensione più alta al mondo…

Si è conclusa con una vittoria la battaglia di Mario Cartasegna, il dipendente comunale con la pensione più alta del mondo, circa 650 mila euro lordi l’anno, ovvero circa 20 mila euro netti al mese.

Dopo essere balzato agli onori della cronaca del 2013 quando si scoprì che l’ex avvocato del Comune di Perugia era nella top ten delle pensioni più alte d’Italia, il tardivo tentativo di normalizzare la sua abnorme pensione è finito in questi giorni con la pronuncia finale della Corte dei Conti che ha restituito a Cartasegna i suoi 20.000 euro netti al mese.

 

Come è possibile dunque che in Italia un dipendente comunale possa avere una pensione più che doppia rispetto anche ad un magistrato di lungo corso?

 

Il Foglio Quotidiano e il Corriere della Sera hanno seguito con attenzione la vicenda ed è dunque possibile capire come si sia verificata una tale anomalia, a tutto vantaggio di uno scaltro avvocato e con pieno sfregio alla spending review…

 

L’ESCAMOTAGE

L’esimio avvocato Mario Cartasegna già prima di andare in pensione, riuscì a farsi attribuire, oltre al contratto previsto per la sua carica, una notevole parte stipendiale variabile legata ai risultati, nel suo caso l’esito positivo delle cause giudiziarie da lui seguite.

Chiunque conosca i meccanismi delle parti variabili dei dipendenti pubblici, sa che una generosa attribuzione di queste dipende anzitutto dai buoni rapporti che il lavoratore ha con i vertici dell’ente, quindi è facile immaginare che Cartasegna, oltre che verosimilmente un buon avvocato, fosse in ottime relazioni con l’amministrazioni comunale di Perugia dell’epoca. Mentre i contratti rientrano infatti in categorie standard, i premi possono rientrare sotto una discrezionalità piuttosto amplia, specie negli anni 90, quando questa tipologia di meccanismi premianti vennero introdotto.

mariocartasegn

Oltre ai presumibili ottimi rapporti con l’amministrazione comunale, Cartasegna utilizzò a suo favore il meccanismo di calcolo della pensione. Il sistema retributivo consentiva all’epoca del suo pensionamento (2008) di calcolare l’attribuzione dei dipendenti pubblici in base essenzialmente all’ultimissimo periodo di lavoro; Cartasegna lo sapeva e riuscì a concentrare tutti i premi relativi alle cause vinte nell’ultimo anno, andando a sfiorare un reddito complessivo di un milione di euro in quell’anno, che fu quindi il montante per calcolare la sua pensione.

Fu dunque molto fortunato Cartasegna ad avere un reddito così alto proprio l’ultimo anno? O fu così scaltro da concentrare la chiusura delle sue cause e la massima attribuzione dei premi, in modo da ottenere una pensione annua di circa 650 mila euro annui?

LA BATTAGLIA LEGALE

Il fatto che per il calcolo delle pensione retributiva andassero computate anche le spettanze premiali non era del resto un fatto scontato, Cartasegna lo sapeva e iniziò per tempo a preoccuparsi che queste entrassero nel suo computo. Il Ministero del Tesoro fu interpellato ufficialmente e diede una risposta negativa. Cartasegna presentò ovviamente ricorso e… l‘Ufficio Legale del Comune di Perugia, diretto da Cartasegna… guarda caso non si oppose...

 

Ad una pronuncia in primo grado in favore di Cartasegna del Tar di Perugia, l’Inpdap si dimenticò di ricorrere…

 

Il fortunato Cartasegna quindi andò in pensione nel 2008 con una pensione enorme e cominciò a percepirla tranquillamente, finché solo nel 2013 alcuni giornali, tra cui il Corriere della Sera, portarono alla luce il suo caso, spingendo l’Inps (che nel frattempo si era sostituito all’Indpap) a mettersi in movimento e a sospendere la pensione d’oro.

Cartasegna però non si perse d’animo e ovviamente presentò l’ennesimo ricorso, il cui esito è arrivato appunto la scorsa settimana.Come rilevato dalla Corte dei Conti dell’Umbria, i termini per impugnare la pensione da parte dell’Inps erano terminati in modo irrevocabile, in quanto per i dipendenti pubblici (e solo per loro) una norma prevede una prescrizione di 3 anni che decorrendo dal 2008 si era già avuta.

 

Mario Cartasegna può quindi tornare ad essere il dipendente comunale più pagato del mondo.

 

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di maio and company esultano
Italia

Il 2,4% un banco di prova per un Governo privo di limiti

Il rapporto Deficit/Pil al 2,4% è davvero così grave?
All’esultanza del governo è seguito il tracollo in borsa e l’aumento dello spread ai livelli massimi.
Il PD ha annunciato proteste in piazza e il segretario Martina ha dichiarato che: “con questa manovra, il governo giallo-verde ha scaricato 100 miliardi sulle spalle delle generazioni future
Sullo scetticismo internazionale, Salvini ha messo le mani avanti: l’Europa se ne farà una ragione.

Tra chi grida al disastro e chi festeggia il successo del popolo, la verità dove si trova?

 

Di Maio esulta per il 2,4%.

Di Maio esulta per il 2,4%.

I FREDDI NUMERI

Secondo gli esperti economici internazionali di Black Rock e Jp Morgan, la pesante reazione negativa dei mercati è avvenuta poiché il dato del 2,4% ha superato le peggiori ipotesi trapelate nei giorni precedenti, durante la querelle tra Tria e i 5Stelle.

Gli osservatori economici infatti prevedevano al massimo il 2%.
Più che dalla reale capacità finanziaria dell’Italia di sostenere tale indebitamento, il venerdì nero sarebbe quindi dovuto all’effetto sorpresa. (clicca qui per il dibattito, in inglese)

 

Analizzando i freddi numeri, il 2,4% del Pil costituirebbe un indebitamento di poco più di 41 miliardi, mentre con un valore dell’1,8% ci si sarebbe fermati a 30 miliardi, che sarebbero stati 13 con lo 0,8% l’auspicato dall’Europa.
La differenza tra l’ipotesi più virtuosa e quella reale è dunque di una trentina scarsi di miliardi. Una cifra importante in assoluto, ma relativamente è pur vero che si tratta proprio degli “zero virgola” di cui parlava Di Maio.
Possono questi “zero virgola” mettere davvero in crisi un Paese come l’Italia?

Quanto costa in più il debito se viene a mancare la fiducia degli investitori?
Il rendimento dei BTP a 10 anni è ora al 3,15% di rendimento annuo, contro i minimi intorno 1,65% toccati prima che Di Maio e Salvini si insediassero al governo e contro i 2,66% di poco prima dell’annuncio shock di giovedì scorso.
Calcolatrice alla mano, con gli interessi attuali, la manovra (del solo 2018) voluta da Di Maio costerà di interessi circa 13 miliardi (nei prossimi 10 anni). Un indebitamento di pari cifra sarebbe costato tra i 6 e i 7 miliardi al governo Gentiloni che godeva di maggiore credito e quindi a cui veniva prestato denaro all’interesse di 1,65.
L’inefficienza è di 7 miliardi di interessi (da pagare nei prossimi 10 anni) è dovuta alla minore considerazione che l’attuale governo gode sui mercati internazionali.
Sono pochi?

 

7 miliardi al vento per una manovra (salvo ulteriori aumenti di spread e interessi) non sono pochi, ma non porteranno di per sé al default l’Italia.

Dunque le previsioni più nefaste peccano di un eccesso di pessimismo rispetto ai numeri reali?

 

IL SUPERAMENTO DEI LIMITI DIMOSTRA LA FORZA DEL GOVERNO

I numeri e le fredde analisi non considerano il fattore emotivo e gli aspetti politici.
Con questo provvedimento Di Maio e Salvini hanno dimostrato di fare sul serio.
Per la prima volta hanno davvero sfidato il mondo, facendo capire chi comandava.
Il superamento della Legge Fornero e Reddito di Cittadinanza hanno avuto la priorità, costi quel che costi.
Se il sostegno degli elettori continuerà, i due ministri leader del governo continueranno per la propria strada, portando avanti gli obiettivi a loro più cari a dispetto di una programmazione mirata al futuro del Paese.
Se il primo test di presa di potere avrà il risultato sperato, nulla più impedirà di andare verso uno scontro sempre più violento con l’Europa e si potrebbe davvero innescare una spirale con un potenziale esito di portata storica.
Dalle parole si sta passando ai fatti e a questi potrebbero seguire i numeri.
Non ci saranno “troike” per l’Italia perché se l’attuale governo avrà il sostegno del popolo, avrà anche la forza di rifiutare ogni ingerenza esterna.
In questa prospettiva nulla è più impossibile, nemmeno l’uscita dall’euro, che  pare inconcepibile ma potrebbe diventare alla portata di un governo che ora sta pesando la propria forza e che rischia di scoprirsi molto più forte di quanto pensasse.

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B7NRRE Silhouette of oil platform in sea against moody sky at sunset
Il Cavaliere Blu / Italia

Sovranismo e fondi sovrani… il modello Norvegia

Mentre in Italia si guerreggia per trovare i 10 miliardi per il reddito di cittadinanza (i “cazzo di 10 miliardi” come direbbe qualche esimio rappresentante del governo) e aumentare il debito alla faccia dei dettami europei, il Fondo Sovrano Norvegese annuncia di aver realizzato lo scorso anno un utile di 130 miliardi di dollari che verranno distribuiti ai cittadini.

 

Insomma, con la sola rendita del proprio fondo sovrano, la Norvegia potrebbe fare 13 redditi di cittadinanza di Di Maio. Anzi no, molti di più se si conta che la Norvegia ha molti meno abitanti dell’Italia e MOLTI meno abitanti poveri…

 

I miliardi non si fanno col debito, è proprio il contrario. Qualcuno potrebbe spiegarlo ai nostri governanti e a chi li sostiene?

 

Il sovranismo italico ama rappresentare l’Europa come un guardiano inflessibile che impedisce all’Italia di indebitarsi felicemente… Tutti dimenticano però che il debito fa male proprio all’Italia e quando cresce erode i conti statali, così alla lunga ci si trova a dover raschiare con difficoltà i “cazzo di miliardi” che servono.

Rendita annuale in percentuale del Fondo Sovrano Norvegese

Rendita annuale in percentuale del Fondo Sovrano Norvegese

 

Esistono paesi “sovranisti” che funzionano bene e la Norvegia è uno di questi. Infatti ha usato la propria libertà per creare un Fondo sovrano che ora è il più grande del mondo, con 1,3 trilioni di miliardi di dollari di patrimonio, e che è in grado di produrre avanzi annuali di cui possono usufruire i cittadini.

 

L’Italia vorrebbe invece maggiore autonomia per fare ancora più danni, ovvero per fare ancora più debito.

Ciò che vogliono fare i nostri e prendere qualche miliardo in più adesso per poter rispettare promesse elettorali stasera e mandare il conto da pagare a chi verrà domani…

 

(clicca qui per leggere l’articolo in inglese del World Economic Forum sul Fondo Norvegese)

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