Per anni la nostra Regione è stata definita un’isola felice. Parte integrante della locomotiva del Nord-Est, capace di trainare la crescita economica dell’intero paese, anche il Friuli Venezia Giulia è uscito profondamente modificato dal lungo periodo di crisi iniziato nel 2008 e poi acuitosi con la tensione finanziaria del 2011. In questi anni il Pil pro capite degli italiani è sceso del 10,8%, passando da 28.699 a 25.586euro (-3.113euro) e il decadimento della ricchezza prodotta ha interessato da vicino anche noi.
In Friuli Venezia Giulia il Pil pro capite prima della crisi era pari a 31.065 euro. Dopo otto anni la ricchezza prodotta in regione si è assestata a 27.532 euro per abitante residente, con un calo di 3.533 euro a persona. Nell’ultimo anno misurato (il 2015), il lento miglioramento a livello nazionale ha fatto registrare un debole incremento del Pil pro-capite anche in regione. A fronte di un Paese cresciuto dello 0,8%, però, il Friuli Venezia Giulia ha visto aumentare il valore di beni e servizi prodotti solo dello 0,5% recuperando rispetto al dato precedente 124 euro pro capite.
Un arretramento che ha effetti molto concreti nella vita delle persone. Nel 2016, infatti, nel nostro paese risultano occupate 22.740.126 persone, un dato ancora inferiore a quello del 2007 quando gli occupati erano 22.894.415. Una forbice di 154mila unità che si allarga a più di 350mila posti di lavoro persi se si prende come riferimento il 2008. Nella nostra regione, in particolare, erano occupate 519mila persone nel 2007 contro le 497mila attuali: un calo di più di 21mila unità, pari al 4,1% della base occupazionale di partenza. Il recupero di posti di lavoro fatto registrare nell’ultimo anno è modesto e pari a sole 2.200 unità: con questo ritmo di crescita, ritorneremo alle condizioni di partenza in non meno di dieci anni.
Come uscirne? Da più parti si invoca la non tanto invisibile mano dello Stato, dimenticandosi che il pubblico è già piuttosto presente nella vita delle persone sotto forma di elevati livelli di prelievo fiscale necessari a mantenere altrettanto elevati livelli di spesa pubblica. Non fa eccezione la nostra regione.
Ogni anno la Ragioneria Generale dello Stato realizza un interessante rapporto (La Spesa Statale Regionalizzata) in cui analizza la dimensione e l’andamento della spesa pubblica nelle singole regioni italiane. Un intero capitolo è dedicato alla cosiddetta “Spesa Consolidata”, nella quale vengono incluse oltre alle spese del bilancio statale, quelle realizzate nei territori di riferimento dagli enti locali, da Fondi alimentati con risorse nazionali e comunitarie, da Enti e organismi pubblici. In questo valore vengono conteggiate, ad esempio, le spese relative al pagamento delle pensioni, degli ammortizzatori sociali o gli oneri relativi alla sicurezza o al controllo dei confini.
Il perimetro considerato, quindi, non coincide con le competenze dell’Amministrazione Regionale ma punta a ricomprendere la spesa pubblica effettuata in una determinata regione indipendentemente dal soggetto che gestisce quelle risorse.
Nella costruzione del dato consolidato sono stati eliminati i pagamenti intercorsi tra i vari soggetti: potrebbero residuare talune duplicazioni di modesta entità, relative a flussi non evidenziati nelle fonti utilizzate. La Ragioneria Generale dello Stato ritiene che tale circostanza non alteri in modo significativo i risultati della ricerca, in termini di distribuzione tra le regioni. Rimangono esclusi, poi, dal perimetro analizzato gli oneri relativi al pagamento degli interessi sul debito pubblico: una cifra non irrilevante e che, nonostante il provvidenziale intervento della BCE di Mario Draghi, si attesta a più di 65 miliardi su base annua.
Negli ultimi tre anni disponibili (2012, 2013, 2014) la regione con la spesa pubblica pro-capite più elevata è la Valle d’Aosta, con 15.731 euro all’anno. Seguono il Lazio con 13.684, il Trentino Alto Adige con 13.278 e poi c’è il Friuli Venezia Giulia con 12.975. In coda le regioni più grandi: la Lombardia è ultima per spesa pubblica pro-capite (€ 8.647), preceduta dal Veneto (€ 8.734) e dalla Campania (€ 9.082).
Il Friuli Venezia Giulia fa segnalare, quindi, un dato particolarmente elevato. Con 12.975 euro registra la quarta spesa pubblica pro-capite in Italia e supera di più di 2000 euro la media nazionale di 10.163 euro. Significativo è il confronto con il vicino Veneto dove lo Stato spende per ogni cittadino 8.734 euro, 4.241 in meno rispetto alla spesa sostenuta nella nostra regione. In rapporto al Prodotto Interno Lordo regionale la spesa pubblica complessiva effettuata in Friuli Venezia Giulia al netto degli interessi sul debito pubblico arriva al 46,21%, la più alta di tutto il Nord Italia e superiore anche a quella di regioni con una spesa pro-capite più elevata come Valle d’Aosta (42,99%), Lazio (42,51%) e Trentino Alto Adige (35,82%).
Ci sono, ovviamente, elementi strutturali che incidono su questo dato. La nostra è una regione di confine e qui vengono spese risorse per la sicurezza e l’ordine pubblico che altrove non sono impegnate. Viviamo, poi, un territorio piccolo, in cui è difficile riuscire a realizzare economie di scala. Abbiamo, ad esempio, una provincia ogni 305mila abitanti contro i 700mila abitanti del Veneto. Con la conseguenza che tutti gli enti e gli organismi pubblici che tengono la provincia come base di riferimento seguono questa proporzione. Discorso simile per i comuni: contiamo un municipio ogni 5.600 abitanti contro gli 8.500 del Veneto.
Per comparti delicati come la sanità spendiamo risorse ingenti, il 7% del Pil. Più del Veneto e del Trentino Alto Adige che spendono il 5,7%. Concretamente ogni cittadino costa al sistema sanitario regionale 1.960 euro all’anno, contro i 1.726 del Veneto. E nell’impiego pubblico nel suo complesso lavora il 17,2% del totale degli occupati, contro l’11% del Veneto e il 15% del resto del paese.
Senza dimenticare elementi che hanno a che fare con la struttura demografica. Siamo una regione in cui l’età media e la presenza di anziani è molto elevata. Paghiamo 74 pensioni ogni 100 lavoratori attivi. In Veneto i pensionati sono 62 ogni 100 impiegati, in Trentino Alto Adige addirittura 56.
I numeri, come è ovvio, non dicono tutto e possono essere variamente interpretati. Però possono e devono contribuire ad una riflessione. Soprattutto in una Regione che rivendica con orgoglio la propria specialità.
Alcuni dati: