La stampa, quasi unanime, aveva annunciato un crollo generale di borse e mercati nel caso dell’affermazione di Trump contro la favorita Clinton. In realtà, non solo i sondaggi hanno miseramente fallito la previsione sul vincitore, ma anche gli analisti non avevano indovinato il responso dei mercati, che hanno proseguito il loro corso come nulla fosse o quasi, con movimenti di 1 o 2 punti percentuali. Milano, come al solito del resto, si era dimostrata la peggiore di tutte, perdendo poco meno di 2 punti: ordinaria amministrazione.
All’avvicinarsi del referendum del 4 dicembre, molti commentatori si sono cimentati nel prevedere scenari economici post consultazione.
A cominciare è stato il Financial Times, seguito dagli analisti di Jp Morgan (al di là delle recenti teorie complottiste che stanno girando per la rete) che hanno in varie occasioni paventato l’ipotesi di grosse conseguenze negative sui mercati in caso di vittoria del “no” al referendum, rappresentando questa una esplicita indicazione contro il governo Renzi. Tali conseguenze si scatenerebbero attraverso due principali modalità:
- crollo di Piazza Affari
- aumento del tasso dei titoli emessi dalla Repubblica, con gravi conseguenze sul bilancio
Recente è invece la pubblicazione di un rapporto che va in controtendenza. Secondo un reporto di Credit Suisse infatti le conseguenze dell’eventuale affermazione del NO al referendum non saranno assolutamente così deleterie e soprattutto non saranno sistemiche. (clicca qui per leggere l’articolo del Fatto Quotidiano sulla pubblicazione del report di Credit Suisse dell’11 nov 2016)
Tutto sommato pare infatti che la capacità di assorbimento dei mercati alle notizie politiche, anche quando queste portano notizie destabilizzanti per i governi in essere, è diventata più forte.